11.05.2021 – 13.22 – Insieme all’esplosione della primavera, torna il periodo delle passeggiate in Carso che portano, per forza di cose, all’aumento inevitabile dei contatti con le zecche: animaletti non molto apprezzati che si trovano normalmente sul nostro Altipiano e che si sviluppano lungo tutto l’arco dell’anno ma che, nella calda stagione, si risvegliano vista la loro dipendenza dalla temperatura e dall’umidità relativa.
Parlando proprio del nostro territorio, le zone più a rischio sono le Doline, in particolare i loro fondali, poiché avviene un’inversione termica che rende queste località veri e propri concertatori naturali di zecche.
Viste le nostre latitudini, la zecca più comune (che fa parte della classe degli Aracnidi) è la Ixodes ricinus.
“Le zecche sono molto resistenti alle condizioni sfavorevoli, che le agevola dal punto di vista evolutivo: quest’ultime possono infatti rimanere anche mesi senza mangiare” sottolinea Fulvio Zorzut, medico epidemiologo, specialista in igiene e medicina preventiva, precisando come la zecca “essendo un animale ematofago, non vive sulle foglie, ma parassita gli animali selvatici, in particolare modo caprioli, cinghiali, volpi e roditori, perché necessitano della temperatura del corpo”.
Non è dunque inusuale che le zecche scivolino dalla coltre degli animali, ritrovandosi sulle piante, in attesa di un nuovo individuo da ‘infestare’ e che, tra i tanti, può essere anche l’uomo: “c’è da dire, però, che non siamo il bersaglio prediletto della zecca, ma quest’ultima cerca piuttosto una cute meno glabra. Parliamo quindi di un evento accidentale” prosegue Zorzut “quindi, una volta che arriva sulla nostra pelle, può stare anche 24-36 ore a girare sul nostro corpo in cerca del punto prediletto, che di solio è una zona a maggior umanità, come areole mammarie, ascelle, zona inguinale, zona retro auricolare”.
Il concetto fondamentale è che, partendo già da una doccia dopo l’escursione, la zecca non ancora posizionata può essere facilmente lavata via.
Viceversa, una volta che trova il suo spot, si infigge nella cute senza più muoversi.
Per quanto riguarda abbigliamento e comportamenti ci sono dei consigli precisi: è sempre opportuno tenere maniche e pantaloni lunghi, se si percorre un tratto erboso, possibilmente abiti di colore chiaro, per identificare al meglio la zecca.
E’ sempre bene camminare al centro dei sentieri e, può essere utile, utilizzare repellenti chimici cutanei, ai quali le zecche sono sensibili; lo stesso vale per gli amici a quattro zampe, per i quali è sempre consigliabile optare per un trattamento anti zecche.
“Va detto” dichiara il medico epidemiologo “che una certa quota di zecche può essere infettata con i batteri, in particolare modo con la Borrelia Burgdorferi, batterio responsabile del Morbo di Lyme; oppure possono essere infettate con virus come i Flavivirus che danno la TBE (Tick-Borne Encephalitis). La stragrande maggioranza delle zecche, in località carsica, è però indenne da quest’ultimo.
Per il Morbo di Lyme, che ad oggi è ben conosciuto, i medici di base, già dalle prime avvisaglie, si attivano subito per la ricerca degli anticorpi: si tratta di una problematica che si cura con gli antibiotici, essendo un batterio.
Per quanto riguarda la TBE invece, nonostante nel nostro Carso è estremamente raro ci siano casi – mentre è più probabile per le zecche della Carnia e di alcune zone dell’Austria – esiste un vaccino che richiede 3 dosi e che per i residenti del Friuli Venezia Giulia è gratuito”.
Spostandoci ora sul modus operandi da seguire una volta rientrati da un’escursione, “ci sono dalle 24 alle 36 ore di tempo per individuare la zecca, è utile farsi ispezionare da qualcuno per le zone più complesse” appunta Zorzut, dichiarando che, spesso, “si trova la zecca anche dopo una settimana. Bisogna tenere presente che quest’ultima, avendo completato il suo pasto, non ha solamente succhiato il sangue ma ha anche liberato la sua saliva, che è un anestetico e in quest’ultima ci sono, nel caso, i virus e i batteri di cui parlavamo prima.
E’ dunque importantissimo non usare mai sostanze quali calore, vasellina, oli, alcol, perché sono sostanze che portano all’asfissia la zecca e, nell’agonia, l’animale libera la saliva e si rischia fortemente che, ove presenti, vengano inoculati batteri e virus.
La zecca va quindi tolta a freddo, con una pinzetta, che va messa il più possibile aderente alla cute e che servirà a stringere la zecca, senza però schiacciarla, facendo un movimento rotatorio con conseguente trazione verso l’alto; una volta finita l’estrazione basterà disinfettare la cute.
“Una domanda frequente che viene posta riguarda una possibile analisi della zecca estratta, per verificare la presenza di virus o batteri al suo interno” sostiene lo specialista in igiene e medicina preventiva “purtroppo non è un processo che ha valenza predittiva, quindi si può serenamente buttare via l’animale, perché parliamo di concentrazioni talmente lievi da non poter essere evidenziate.
Nel caso in cui la zecca non venga estratta completamente, è comunque corretto disinfettare la zona. C’è però un ulteriore parametro: se dopo qualche giorno attorno al punto si forma un piccolo alone di circa un centimetro di arrossamento, significa che la zecca ha portato a termine il suo pasto, ma questo non implica che quest’ultima fosse infetta.

In questo caso, la corsa dal medico di base non ha senso: bisogna dar tempo agli anticorpi di formarsi, perché un esame prematuro negativo non ha nemmeno in questo caso valenza. Dopo due settimane dalla formazione dell’alone ci si può rivolgere al medico di famiglia che predisporrà gli accertamenti per la rilevazione degli anticorpi anti Borrelia” conclude Zorzut.
[c.c]