10.02.2021 – 15.44 – Anche dopo 140 anni dalla morte, che ricorre il 9 febbraio, Fëdor Michajlovič Dostoevskij resta lo scrittore della letteratura russa che più di chiunque altro, sia stato in grado di disegnare le tensioni dell’uomo in una sceneggiatura ancora attualissima ai giorni nostri.
Nato a Mosca nel 1821 (sono passati duecento anni dalla nascita), frequentò la scuola militare, ma decise in seguito di dedicarsi alla letteratura. Criticato e perseguitato per aver letto di Belinskij a Gogol’, venne arrestato e incarcerato nel 1849. Venne condannato a morte e graziato pochi attimi prima dell’esecuzione sul patibolo. Accusato di essere un sostenitore di un utopismo socialista, Dostoevskij portò avanti imperterrito il suo lavoro letterario, soprattutto negli anni che lo videro esule dalla sua terra, perché perseguitato (1867-1871).
Durante questo periodo che lo vide costretto al lutto per la morte della figlia Sonija, lo scrittore russo non si lasciò pervadere dallo sconforto, concentrando ogni energia sul suo lavoro letterario.
Le opere che di fatto produrrà in questi anni sono tra i titoli ad oggi più conosciuti dell’autore: Il giocatore (1866), Delitto e castigo (1866), L’idiota (1869), L’eterno marito (1870), I demoni (1871).
Al suo ritorno in Russia, inizia a collaborare con la rivista conservatrice “Il cittadino” e nel 1875 pubblica il romanzo L’adolescente, seguito dal colosso I fratelli Karamazov che lo vide impegnato dal 1878 al 1880. Il 9 febbraio del 1881 a San Pietroburgo, l’aggravarsi di un enfisema, oltre ad essere malato da sempre di epilessia, lo portò alla morte tra le letture del Vangelo lette per lui dalla moglie Anna.
Lo ricordiamo oggi con una delle lettere più commoventi che delineano perfettamente l’animo dello scrittore russo e il cuore pulsante della sua letteratura, che è possibile leggere a questo link all’Epistolario di CentoParole Magazine.