08.03.2021 – 15.45 – A concludere il ciclo di interviste dedicate alla percezione del Medioevo ai nostri giorni è un colloquio particolare, doppio, in compagnia di Paolo Cammarosano e Marialuisa Bottazzi, rispettivamente Presidente e Vicepresidente del Cerm, Centro Europeo di Ricerche Medievali. Quella fornita dai due storici è una panoramica ampia e approfondita di come la visione dell’Età di Mezzo si sia evoluta nel corso dei secoli, raggiungendo radicati pregiudizi, ma anche appurate verità, negli ultimi anni.
Istruzione, Rete, Medievalismo, Fantasy: un viaggio tra falsi miti e concezioni calzanti che hanno portato alla visione ‘oscurantista’ del Medioevo.
Paolo Cammarosano è nato a Forlì nel dicembre del 1943. Dopo gli studi a Padova, Napoli, Firenze e Siena, prosegue la sua formazione universitaria presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, portando poi a termine il perfezionamento della sua carriera universitaria a Trieste, divenendo assistente di ruolo nel 1969, professore incaricato di Storia medievale nel 1972, associato nel 1982 e straordinario nel 1985.
E’ stato inoltre direttore dell’Istituto di Storia medievale e moderna, poi Dipartimento di
Storia, nonché presidente del Corso di studio in Storia tra il 1998 e 1999, investendo negli stessi anni la carica di coordinatore del Dottorato di ricerca istituito a Trieste nel 1998 sul tema: “Forme della comunicazione del sapere storico”.
Dopo esser stato Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, è attualmente in servizio come professore ordinario di Storia medievale. Tra le sue svariate pubblicazioni ricordiamo Guida allo studio della storia medievale, Roma-Bari, Editori Laterza, 2004 (Manuali di base, 23), il Piccolo Atlante di Storia Medievale, 249-1492, Trieste, CERM (Centro Europeo Ricerche Medievali), 2007 (Strumenti 01) (con Fabio Mezzone) e il volumetto Le scritture documentarie del medioevo italiano. Una guida pratica all’edizione, Trieste, CERM, 2011 (Strumenti 03).
Parlando invece di Marialuisa Bottazzi, la studiosa nasce a Treviso il 2 dicembre 1960.
La sua carriera universitaria viene coronata nel 2010 con il Dottorato di Ricerca in Storia Medievale presso la Scuola Dottorale di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Trieste dopo la Laurea in Storia Medievale nel 2004 sempre presso l’Università degli Studi di Trieste.
Nel 2013, su suo progetto, nasce l’“Atelier jeunes chercheurs” e, a partire dallo stesso anno, dirige e coordina il comitato scientifico composto per gli Ateliers organizzati dal Cerm con la collaborazione de l’École française de Rome.
Tra i suoi scritti ricordiamo Bottazzi M., La scrittura epigrafica del Regnum Italiae (secc. X-XI). Dottorato di ricerca in Storia Medievale, ciclo XXII, aa. 2008-209, Università degli Studi di Trieste, Coordinatore: prof. Giuseppe Trebbi; Tutor: prof. Paolo Cammarosano, 273 pp., ill., Bottazzi M., Italia Medievale epigrafica. L’alto medioevo attraverso le scritture incise (secc. IX-XI), Trieste, CERM, 2012 (Studi 08).
Pensa che la visione del Medioevo si sia appesantita di ulteriori false informazioni in questi ultimi decenni o sia un pattern che prosegue dal periodo moderno ad oggi?
Paolo Cammarosano: Devo dire che la percezione attuale è abbastanza radicata nell’evoluzione del concetto di Medioevo, perché riprende tutta una serie di immagini
negative del periodo stesso che in parte l’Età Moderna ha corretto, ma anche proseguito, facendole giungere fino a noi.
Quindi vorrei innanzitutto fare un’introduzione su come questa idea si è formata. Alcuni concetti di fondo sull’Etá di Mezzo nascono proprio durante il Medioevo stesso: alla base di questi c’è l’idea di un passato di gran lunga migliore rispetto al quale c’era stata una decadenza.
Questo dorato periodo anteriore comincia ad essere identificato in quanto tale in primis dagli artisti, i quali hanno la sensazione di provenire da un mondo recente di mediocre
capacità, nonostante ci fosse una meravigliosa fioritura artistica: viene prediletta l’idea che queste figure lontane, statiche, non espressive, preferibilmente in basso rilievo anziché a tutto tondo, siano una decadenza rispetto alla grande arte classica.
Anche nella pittura si manifesta, soprattutto dalla prima generazione del Duecento, l’idea che si debba riprendere alcune modalità dell’arte antica; una percezione che culmina agli inizi del Trecento con la figura di Giotto.
Quel che è interessante è che i suoi contemporanei hanno percepito fin da subito questo
cambiamento, proprio perché egli impersona colui che ha dato il via ad un flusso di innovazione artistica proprio grazie alla sua aderenza ai modelli antichi.
La stessa visione emerge in Dante Alighieri, il quale parla di Giotto come grande innovatore.
Nel Medioevo era diffusa l’idea di una splendida costruzione politica precedente, quella
dell’Impero romano, che l’Etá di Mezzo aveva quindi acquisito ed ereditato: non a caso
la sua percezione del diritto nasce studiando e approfondendo proprio il Corpus iuris
civilis di Giustiniano.
Era radicata la convinzione che il mondo antico avesse un’autorità politica giusta che si
è poi frantumata in un Medioevo che ha visto il pullulare di prepotenze dei ricchi sui
deboli e di disordine totale nella giustizia.
Tutto questo per sottolineare che la visione di un bellissimo passato, di un’età dell’oro,
rispetto alla quale c’era stata una decadenza, è un pensiero sviluppatosi già in età
medievale.
C’è poi un crescendo che culmina al tempo della Riforma Protestante: qui Lutero e i suoi seguaci asseriscono che la Chiesa, per colpa dell’anticristo, ovvero il Papa, partendo da un ordine ecclesiastico antico abbia perso nel tempo i propri costumi.
Quindi c’è un coacervo di componenti, variegate e complesse, concordi nel cristallizzare questo passaggio da un’età splendida ad una conseguente decadenza.
Perché esistono così tanti pregiudizi sul Medioevo e perché sono così diffusi?
Paolo Cammarosano: Sarei tentato di rispondere in prima battuta che i pregiudizi legati al periodo sono giusti. Se noi paragoniamo una moneta dell’età merovingia alle creazioni del Duecento c’è effettivamente un enorme stacco.
Però è anche vero che il Medioevo ha conosciuto delle costruzioni artistiche, architettoniche e scultoree meravigliose, che spesso vengono banalmente dimenticate.
Con il fenomeno culturale dell’illuminismo si ha poi, in modo amplificato, l’eredità del giudizio negativo del Medioevo.
Prosegue così sul piano culturale anche il discorso liberale, il quale condanna il Medioevo tacciandolo di oscurantismo ideale: un’epoca che, soprattutto per colpa della chiesa romana, ha oppresso ogni libertà di pensiero ed espressione dello spirito.
In più c’è anche la questione economica: si ha una rivendicazione della libertà di commercio, argomento per il quale il Medioevo viene condannato in molti suoi aspetti.
Si osserva innanzitutto l’intralcio ai traffici, determinato dai banditi, in seguito l’insicurezza derivata da un disordine politico, la sopraffazione dei contadini da parte dei signori feudali, la repressione del libero commercio del denaro, tacciato in termini di usura dalla chiesa medievale, ma soprattutto era la repressione della libertà, vista di cattivo occhio, ad essere il cardine di questa successiva visione degradante del periodo.
Anche qui non avevano tutti i torti, questo è il punto: è vero che c’è stata una repressione del pensiero, ovviamente non è tutta la storia, ma è certamente una parte di essa.
Quali pensate siano le pecche dell’istruzione contemporanea sulla spiegazione del Medioevo, e di altri concetti spesso travisati, in classe?
Marialuisa Bottazzi: Io ho fatto le scuole tutto sommato pochi anni dopo la fine della
Seconda Guerra Mondiale e ho la vaga sensazione di aver studiato per un sacco di anni su sussidiari in cui la storia era filtrata dalle politiche precedenti.
Penso quindi che una visione tale del Medioevo sia uno strascico di quel periodo, in cui
l’Impero romano era preso come riferimento.
C’è stato quindi questo mito solennizzato dell’epoca classica, mentre il Medioevo viene visto proprio come la fine di questo grande periodo di splendore succeduto poi da un’epoca più ‘oscura’. Gli autori di libri scolastici non hanno spesso preso in considerazione che andava rivista questa parte.
Se si potesse spezzare lo studio del periodo si avrebbe una modalità di apprendimento
migliore, anche perché i programmi risultano essere spesso troppo ampi.
Sarebbe necessario un approccio alla materia fatto per temi, cosa che spesso non si fa.
Se tutto si deve ricomporre su uno schema fisso composto da falso e vero, come si fa spesso sui sussidiari di scuole medie e superiori, è difficile far studiare adeguatamente
tematiche così importanti, soprattutto per la comprensione dei periodi storici a venire.
Paolo Cammarosano: Il Fascismo ha avuto anche momenti di medievalismo, nel senso che alcuni aspetti, come le corporazioni, sono state riprese in modo del tutto anacronistico.
Medievalismo infatti è un termine coniato in ambito ecclesiastico, da alcuni pensatori della Chiesa, i quali avevano accusato l’istituzione religiosa del tempo, ovvero dell’Ottocento, di anelare a un’armonia tra Chiesa e Stato quale eccellenza del Medioevo.
Questa visione fu contestata e si coniò in senso negativo il termine medievalismo: con esso si intende ogni ideologia che esalti il Medioevo, rovesciandone l’immagine buia in favore di una visione positiva.
Nel corso dell’Ottocento ci sono state anche delle rivalutazioni dell’Età di Mezzo: ne è un esempio lampante Karl Marx, il quale asseriva che, certamente, esisteva l’oppressione feudale, però contadini e artigiani vivevano comunque una vita più sicura, visto che erano, e si sentivano, protetti.
Con l’avvento del Capitalismo, che secondo Marx rappresenta una espropriazione delle terre ai contadini e degli strumenti agli artigiani, si entra in un’ottica di libertà di vendita del proprio lavoro.
Questa visione era giusta: è vero infatti che nel corso dei tempi una serie di elementi di
sicurezza sono andati perduti a favore dell’industria e dell’agricoltura capitalistica.
Come vedete il rapporto tra falsa informazione e rete?
Pensate che la visione del Medioevo si sia appesantita di ulteriori false informazioni nate anche dagli adattamenti, spesso fantasy, del periodo ad opera di filoni letterari, film e serie tv?
Marialuisa Bottazzi: Proprio stamattina ho sentito una nota docente dell’Universitá
Statale di Milano che ha insegnato storia del diritto per tutta la sua vita accademica e per il Cerm farà una lezione online in remoto sul notariato ed è emerso proprio questo argomento: effettivamente ci sono delle figure che adesso vengono usate come chiavi di accesso per il Medioevo.
Sinceramente mi preoccupa avvicinare un momento storico a un gioco, però mi sono anche accorta che i ragazzi hanno un approccio diverso all’Età di Mezzo con l’uso di questi espedienti. Ciò sta inoltre a significare che i docenti iniziano a aver bisogno di nuovi strumenti per rendere appetibile un argomento.
Paola Cammarosano: Registi cinematografici e produttori si rivolgono spesso ai professori di storia per dare ai loro film un tono aderente alla verità storica e questo è molto pericoloso, proprio perché appanna il discrimine tra fantasy e verità storica.
Un limite che non dovrebbe mai essere varcato, poiché può essere ben definibile: la storia lavora sulle fonti e sui documenti, quindi tiene conto soprattutto dei silenzi di questi.
Chi fa un film, ad esempio, non può mettere gli autori nudi perché le fonti non gli danno
questo particolare e dunque inventano un’alternativa.
Quindi è invenzione, come tutte le informazioni contenute all’interno dei romanzi storici senza un rigoroso avvicinamento alle fonti.
Che poi l’approccio fantasy possa essere utile all’avvicinamento alla storia è un altro discorso e non c’è nulla di male, però bisognerebbe sempre aver presente che questa
disciplina lavora sulle fonti.
Secondo me la difficoltà dello studio del Medioevo è data dalla sua lunghezza: non è però impossibile isolare una trentina di punti chiave, che possono essere, per citarne alcuni, l’avvento del cristianesimo, la sua diffusione, il crollo del paganesimo antico, il rapporto Chiesa- Stato, ecc…
Su quest’ultimo bisognerebbe, per fare un esempio, introdurre un discorso sull’Islam: esso è un capitolo oscuro a livello scolastico; gli studenti si stupiscono scoprendo che nel Corano si parla con reverenza di Cristo e Maria. Si tratta di spiegare in maniera anche semplice questi concetti. Parlando invece della rete: è indubbio che essa consenta una larghissima diffusione di informazioni sbagliate e un grande affollamento di pensieri. Però la rete è una grande cosa, è meravigliosa.
Bisogna ovviamente saperla usare, esser in grado di guidare i giovani nella rete in modo
che siano armati adeguatamente per poter distinguere vero e falso.
Fatta questa cautela, la rete è davvero incredibile.
Marialuisa Bottazzi: Non è poi solo internet il problema, bisogna sottolinearlo; parlando di ricostruzione storica, anche la televisione e altri strumenti mediatici travisano spesso la verità delle fonti: siamo sempre su un terreno minato, anche perché il più delle volte le persone non hanno un senso critico per poter filtrare le informazioni.
Penso che almeno nel Fantasy sia chiaro il ritrovarsi in un mondo di finzione, di favola,
mentre in alcuni programmi, che hanno la presunzione di essere divulgativi, non si ritrovi in realtà una grande valenza storica, osservando solo la volontà di cavalcare alcuni affibbiati ad una determinata epoca.
Qual è l’importanza di conoscere la storia, e in particolare il Medioevo, oggi?
Paola Cammarosano: Ci sono molti temi che andrebbero spiegati a scuola per comprendere al meglio il presente, visto che ci sono strutture sociali medievali che sono
andate avanti per secoli.
La composizione della popolazione, il rapporto tra le etnie, l’evoluzione delle lingue, il
passaggio dalle lingue materne all’uso dei volgari: sono solo alcuni degli elementi
importantissimi del periodo e delle sue ricadute nelle epoche successive.
Marialuisa Bottazzi: Basti pensare anche alle migrazioni: un movimento della popolazione che non viene mai considerato come libertà degli individui e come fenomeno da sempre esistito. È da due anni che il Cerm ha iniziato a proporre approfondimenti su argomenti essenziali di questo genere, ma non è sempre semplice avere un dialogo.
Lo studio della storia è fondamentale, a prescindere.
Paola Cammarosano: Solo la storia ci fa comprendere una serie di dinamiche, di problemi sociali, anche economici e politici, che oggi ritroviamo quotidianamente.
Studiando come le civiltà del passato hanno vissuto le grandi migrazioni dei popoli, o come i comuni hanno gestito il debito pubblico, o quali sono stati i processi di inflazione e deflazione, o ancora quale è stato il ruolo della moneta, ci aiuta a capire i problemi dei giorni nostri.
Marialuisa Bottazzi: Dobbiamo costruire dei cittadini che hanno un senso critico verso i temi importanti dell’economia, della cultura e di tutte le principali discipline: la storia in questo ambito è il passaggio fondamentale, l’anello di congiunzione tra passato e presente.
Come può un individuo costruire il proprio senso critico senza conoscere le sue radici e ciò che lo ha preceduto?
[La rubrica “La leggenda nera del Medioevo” è frutto dell’adattamento della tesi di laurea “La leggenda nera del Medioevo. Un viaggio tra retrograde falsificazioni e verità sorprendenti” di Chiara D’Incà e, in veste di relatore, la prof. Miriam Davide, nell’ambito del corso triennale in ‘Discipline Storiche e Filosofiche’ dell’Università degli Studi di Trieste]