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sabato, 19 Aprile 2025

Albert Domini: quando passione, amore per il territorio e formazione continua creano un’eccellenza

06.04.2023 – 09.30 – Passione, amore per il proprio territorio, sacrificio e, soprattutto, formazione continua hanno fatto sì che l’azienda agricola Domini Albert di Sauris diventasse un’eccellenza sia a livello regionale, sia a livello nazionale. Albert Domini, l’attuale proprietario, partecipa fin da piccolo alle attività di famiglia nella coltivazione di frutti di bosco a Sauris. Finite le medie, inizia i propri studi presso il Cefap di Tolmezzo, uno dei 12 Enti di Effepi. A distanza di anni, per la sua competenza e professionalità nel settore, da quest’anno insegna nel Centro di Formazione Professionale dove tutto è iniziato.

Albert ci potrebbe raccontare come è nata l’azienda agricola?

L’azienda agricola Albert Domini nacque a fine anni ’80, in seguito ad un progetto avviato dalla ex Provincia di Udine volto a coinvolgere le famiglie del territorio montano nella coltivazione di frutti di bosco. Alla stregua della cooperativa trentina Sant’Orsola, ora leader mondiale, si volle provare questo esperimento anche in Carnia, costituendo una sorta di cooperativa a Tolmezzo. Alle famiglie che aderirono venne dato tutto il materiale, piante, serre e tutto il necessario ai fini di questa sperimentazione. Partirono in molti, ma alla fine rimanemmo solo noi.

Quali sono le caratteristiche ottimali per la coltivazione dei frutti di bosco?

Il territorio montano si presta molto bene a questo tipo di coltivazione, soprattutto durante il periodo estivo, quando le temperature in pianura sono troppo elevate e quindi non ne permettono la coltura. La montagna è un ambiente adeguato perché abbiamo molta escursione termica tra il giorno e la notte. Questo fa sì che la frutta si carichi di zuccheri e di principi attivi e ottenga delle caratteristiche organolettiche di livello superiore. Processo che ovviamente non avviene solo nella frutta, ma anche nelle erbe officinali e in tanti altri prodotti che si coltivano in estate in montagna.

Come è stata la sua esperienza al Cefap?

Iniziai gli studi per diventare “Operatore agrituristico e agroambientale” dopo le medie, nel ’97, nella sede del Cefap di Tolmezzo, quando ancora i corsi duravano due anni. L’esperienza sul campo a quei tempi era ancora poca ed io, lavorando già in azienda con i miei genitori, a differenza di molti mei compagni, non feci gli stage. Tuttavia, imparai moltissimo durante le ore di laboratorio nell’orto botanico della scuola dove facevamo studi di vario tipo e sperimentazione nella piantumazione di diverse tipologie di ortaggi e frutti di bosco. Con i docenti ottenemmo ottimi risultati. Parallelamente ci dedicavamo altresì al giardinaggio e alla pulizia del verde. Per quanto mi riguarda, la cosa più importante che mi hanno insegnato è stata capire come gestire un’attività, creare un business plan, avere una visione di azienda nel suo insieme. Negli anni mi sono perfezionato anche facendo altri corsi sia al Cefap sia in altri istituti. Ciò mi ha dato un’impronta che mi ha permesso, nel 2001, di inserirmi in pianta stabile nell’azienda portando il mio know how e, successivamente, di rilevarla.

Quali possono essere i vantaggi di conseguire una qualifica?

Attraverso la qualifica professionale che permette di conseguire il titolo di “Imprenditore agricolo a titolo principale” riuscii ad accedere a contributi per i giovani per avviare l’attività, risorse messe a diposizione a fondo perduto dalla Regione. Allora si trattava di fondi che arrivavano fino a 25.000 €. Oggi, invece, presentando un progetto di sostenibilità si può arrivare anche a 70.000 €. 

Adesso che è diventato docente al Cefap cosa cerca di trasmettere agli studenti?

Agli allievi del Cefap cerco di trasmettere sia ciò che mi è stato insegnato, sia ciò che ho imparato dopo tanti anni di attività ed esperienza personale, fatta anche di sbagli e situazioni in cui si deve rimediare. Oltre alla parte pratica, cerco anche di contagiarli con la mia passione per questo lavoro che, oltre a molta dedizione e sacrificio, porta immense soddisfazioni, e per il meraviglioso territorio montano che ci contraddistingue. Cerco di fargli capire che nella vita si raggiungono traguardi solo se ci si pone degli obiettivi. Un tema sul quale mi soffermo molto è il processo di “trasformazione” dei prodotti agricoli: le problematiche, come avviene l’etichettatura, piuttosto che la creazione di schede di lavorazione o la gestione di un agriturismo. A quello che ho appreso al Cefap e con i numerosi corsi di formazione per mantenermi sempre aggiornato, affianco il bagaglio di esperienze che ho acquisito in tutti questi anni di lavoro pratico sul campo.

Quali aspetti innovativi avete introdotto nella vostra azienda?

Quando sono entrato in azienda coltivavamo tutto a terra, poi intorno al 2006 ho creato un laboratorio per sperimentare le coltivazioni fuori suolo iniziando con le fragole. Ora questo tipo di coltivazione è estesa a tutti i prodotti che coltiviamo, permettendoci di migliorare di gran lunga resa e qualità dei prodotti. Si utilizzano meno trattamenti, si hanno meno problemi a livello di fitopatie o insetti, la pianta è più pulita perché il frutto si appoggia su di una retina posta a un metro e mezzo da terra, rimanendo quindi più protetta e lontana da roditori. Ciò ci permette di controllare meglio la produzione, considerando che la frutta di bosco è molto delicata. Stiamo ottenendo ottimi risultati.

Qual è il segreto per gestire un’attività nel territorio montano?

Gestire un’attività in montagna non è facile, ci vuole tanta passione e dedizione ed è quello che ci ha portato sostanzialmente a sopravvivere rispetto a molte realtà simili che negli anni hanno chiuso. Un altro fattore molto importante è fare rete e collaborare con altre realtà del territorio. Solo così si può continuare ad andare avanti, crescere e farsi conoscere.
Io credo tantissimo nel mio territorio, altrimenti non avrei investito così tanto, e credo che in montagna si debba anche un po’ azzardare. Abbiamo un paesaggio unico che va valorizzato anche sotto l’aspetto storico- culturale, che non ha nulla da invidiare a tanti altri territori che ci sono in giro per l’Italia. Si pensi al fatto che ultimamente Sauris è stato dichiarato dal “Best Tourism Villages”, un premio a livello mondiale riconosciuto dall’ONU, uno dei 32 borghi più belli al mondo. Questo grazie al grande lavoro che i cittadini di Sauris hanno fatto sul territorio, perché ci hanno creduto e hanno voluto mantenere le tradizioni conservando la storicità dell’ambiente. Grazie alla valorizzazione dei nostri prodotti locali e delle nostre eccellenze siamo riusciti a renderlo un territorio attrattivo anche per i giovani. Molti di essi oltre ad aprire attività imprenditoriali sono diventati boscaioli o si sono dedicati alla pulizia del verde. La bellezza naturalistica e quasi incontaminata del nostro paesaggio richiama sicuramente chi vuole vivere a contatto con la natura, prediligendo così la qualità della vita a discapito di un “eccessivo ammodernamento”.

Con l’ultimo finanziamento regionale potete realmente parlare di economia circolare applicata alla vostra azienda agricola…

Nel 2021 sono riuscito ad accedere, rientrando ancora nei quarant’anni di età, ad un contributo regionale per i giovani agricoltori che vogliono rimanere in montagna, risiedendovi almeno per 5 anni. In questo caso la contribuzione era molto alta, pari all’80% sull’investimento effettuato. Ciò ha permesso di avviare un nuovo piano di investimenti. Nello specifico, abbiamo acquistato un macchinario per la trasformazione dei prodotti, costruito artigianalmente da un’azienda di Campobasso. Ad oggi siamo gli unici in regione ad averlo. Il nostro obiettivo è quello di continuare a migliorarci e mantenere un livello alto di qualità dei prodotti che trasformiamo; quindi all’interno del nostro laboratorio abbiamo inserito un concentratore sottovuoto. Un macchinario che ci permette di lavorare a bassa temperatura intorno ai 34°/ 35° che ci permette di mantenere tutte le caratteristiche organolettiche dei frutti di bosco.

Si mantengono altresì invariati profumi e soprattutto il colore, che altrimenti, con altri procedimenti, tende ad ossidarsi. Siamo riusciti, insomma, a fare delle confetture senza gelificante e con percentuale di frutta molto alta che raggiunge anche il 120%. Adesso stiamo completando la seconda parte dell’investimento, realizzando un nuovo punto vendita. Ne vado fiero, anche perché il legname e tutto legname certificato PEFC; quindi, proviene da foreste ecosostenibili ed è tutto legname locale ricavato dalla tempesta Vaia. Il legname lavorato dalle segherie locali, non ha subito nessun tipo di trattamento. Sostenibilità ambientale e socioeconomica o lavorare solo con imprese locali, per coinvolgere la comunità all’interno di questo progetto, è stato uno dei nostri obiettivi principali.  All’interno del punto vendita verranno venduti anche prodotti di altre piccole realtà locali che magari non hanno a uno spaccio aziendale proprio.

Come state affrontando il problema della siccità?

L’anno scorso per noi è stato un anno molto difficile. Tutte le nostre colture hanno l’irrigazione a goccia quindi riduciamo al minimo lo spreco dell’acqua ed un notevole controllo sull’emissione. Tuttavia, questi accorgimenti non sono bastati a causa delle temperature troppo elevate soprattutto nella parte alta delle serre, così abbiamo perso una parte di coltivazioni, soprattutto di lamponi. Se si dovesse ripresentare una stagione come l’anno scorso, dovremo investire ulteriormente all’interno delle serre con dei sistemi nebulizzazione dell’acqua, in modo da tenere bassa la temperatura affinché non raggiunga nella parte alta della serra i 45 °, perché nella parte basse comunque c’è un ricircolo dell’aria.

Leader nella trasformazione della frutta tanto da aver lavorato per lo Chef Carlo Cracco

Per due anni abbiamo fatto una grossa lavorazione di trasformazioni per lo chef Cracco. Oltre a soddisfazione e orgoglio, ciò ci ha dato molta visibilità. Abbiamo trasformato 20 quintali di albicocche provenienti da un’azienda che lo Chef gestisce con sua moglie a Sant’Arcangelo di Romagna. La commessa ci è arrivata tramite un’azienda di Villa Santina che ha preso il lavoro. Dopo aver inviato delle prove allo Chef, siamo stati selezionati per tutto il processo di trasformazione. Ci hanno mandato il frutto fresco e noi l’abbiamo denocciolato tutto a mano e abbiamo preparato una sorta di confettura. Questo a testimonianza del fatto che, anche se sei in un paesino “sperduto” di montagna, se continui a formarti, lavori bene, con passione e fai prodotti di qualità, prima o poi vieni ripagato di tutti i sacrifici.  La settimana scorsa, ad esempio, abbiamo prodotto dei vasetti di marmellata di arance per il parco di Miramare, che possiede una collezione antica di varietà di arance al suo interno. Grazie ai macchinari sui quali abbiamo investito, abbiamo acquisito una sorta di autorevolezza nell’ambito dei processi di trasformazione dei prodotti agricoli.

[l.f][v.k]

 

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