11.09.2021 – 12.11 – Nell’opinione pubblica l’11 settembre viene generalmente ricordato per il tragico attacco terroristico alle Torri Gemelle avvenuto nel 2001. Ma in questa stessa data ricorre l’anniversario di un fatto altrettanto tragico: il giorno del golpe in Cile. Era il 1973 quando Salvador Allende, presidente regolarmente eletto, venne spodestato dai militari – appoggiati dagli Stati Uniti – e sostituito con il militare Augusto Pinochet, nominato alla guida delle forze armate dallo stesso Allende. Quest’ultimo, quando i carri armati invasero le strade di Santiago, circondando il palazzo presidenziale, decise di non scappare, ma nemmeno di consegnarsi ai militari, morendo probabilmente sucida. Le ultime parole che il presidente cileno rivolse al popolo, con un impressionante discorso che fu trasmesso da Radio Magallanes, l’emittente del Partito Comunista cileno, saranno ricordate negli anni a venire: “Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano, ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una lezione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il tradimento“.
Inizia così uno dei periodi più bui per la storia dell’America Latina con la violenta dittatura militare instaurata dallo stesso Pinochet che durerà fino al 1990. Vennero cancellati i provvedimenti del precedente Governo, dichiarati fuori legge i partiti politici, e venne istituito un organo di polizia repressiva che sequestro e torturò, facendole sparire, migliaia di persone, per la gran parte oppositori politici di sinistra come accademici, professionisti, religiosi, studenti ed operai.
Nel 1988 con un referendum popolare si stabilì la contrarietà ad un altro mandato di Pinochet quale presidente della Repubblica, e alle elezioni dell’anno successivo vinse Patricio Aylwin. Nonostante le nefandezze commesse durante il suo governo, Pinochet rimase per altri otto anni al vertice delle forze armate e, una volta in pensione, divenne senatore.
Nel 1998, il giudice Baltasar Garzón emise contro di lui un mandato di cattura internazionale per la scomparsa di cittadini durante la dittatura; Pinochet venne accusato di genocidio, terrorismo e tortura, e verrà arrestato a Londra– dove si trovava per farsi curare – ma non sarà mai condannato.
Il 2 marzo 2000 il ministro dell’Interno Jack Straw decise di liberarlo per motivi di salute e di farlo tornare in Cile. Una volta tornato in patria, nello stesso anno, la Corte d’Appello di Santiago votò per rimuovergli l’immunità parlamentare e venne così inquisito; ma il caso venne annullato nel 2002 dalla Corte suprema per motivi medici. Nuovamente, nel 2004, la Corte d’Appello votò per la revoca dello stato di demenza e quindi la sua immunità a processo; una scelta che venne questa volta confermata dalla Corte Suprema. Quello stesso anno Pinochet venne messo agli arresti domiciliari; l’anno successivo sarà pubblicato il Rapporto Valech, in cui venivano indicati 35mila casi di torture commesse dal regime, dei quali 28mila comprovati. Pinochet morirà d’infarto l’anno dopo, nel 2006, a 91 anni.
n.p