Essa sorge in una specie di enclave balcanica in terra triestina, più croce che delizia dei pochi sfortunati imprenditori che osano marcare quel territorio. Come amo dire spesso c’è San Marco e San Marco, e la via triestina è un lontanissimo parente disconosciuto della famosa piazza veneziana. Le differenze sono rilevabili nell’architettura e nello svolgersi del normale vivere quotidiano.
Qui ad esempio è carnevale tutto l’anno, i piccioni devono battagliare con gabbiani e pantegane per farsi largo nei contenitori dei rifiuti, i monumenti da ammirare sono spesso costituiti dai ricordini dei fedeli amici dell’uomo, abilmente scordati dai passeggiatori notturni. Inoltre gli stranieri che vedi in giro non sono mai giapponesi e, invece della macchina fotografica, hanno in mano al massimo una livella e la fila per entrare nel mio negozio è leggermente inferiore a quella per la famosa basilica romanico-bizantina!
La riapertura totale dei confini ha già avuto l’effetto previsto sulle frequentazioni del locale d’affari. Il crollo di vendite di sigarette, a favore dei Duty Free sloveni, si è palesato fin dal primo giorno, tanto che la categoria è pronta a richiedere altri 600 euro al generoso governo centrale. Credo che a Trieste tabaccai e benzinai fossero gli unici che desiderassero che la pandemia durasse in eterno.
Ad aggravare la situazione e a rendere sempre più ardua la vita dei poveri negozianti e dei cittadini in generale, con particolare attenzione a quelli con problemi di deambulazione, ci pensa la sconfinata prateria di cantieri edili, che sorgono in città, sotto la spinta dei mirabolanti bonus di stato. Il bonus facciate è ormai la panacea di tutti i mali, integra i già miracolosi bonus fotovoltaico e monopattino, che già avevano contribuito a salvare il paese dal crac finanziario pandemico! La via San Marco naturalmente non ha voluto esimersi dal contributo al risanamento del paese e della sua popolazione. Ma ha voluto esagerare per cercare di diventare improvvisamente una sorta di zona Brera milanese! Appena rattoppate le strade per i cavi telefonici fibra, si è passati alle condutture dell’acqua e poi a quelle del gas, accompagnate dal corollario di nuove norme di allacciamento. Ma il meglio doveva ancora venire! I segnali di divieto apparsi dal nulla in questi giorni annunciano infatti un rifacimento di tetto e facciate della casa adiacente, con ingabbiamento totale delle attività e divieto di passaggio pedonale.
Gli ardimentosi architetti potranno sbizzarrirsi, per rendere una casa di ringhiera, ex caserma austroungarica, più somigliante al giardino verticale di Milano. Il tutto sotto la spinta del 110% di rimborso! Già me lo immagino il verbale d’assemblea di condominio, tradotto in 16 lingue diverse, nel quale si promette di rendere gli inquilini milionari grazie alla generosità dello stato italiano. Insomma siamo diventati il paese del Bengodi e non ce ne siamo nemmeno accorti! Ma saremo distratti? Vabbè se poi proprio i fondi risultassero insufficienti e si accorgessero di aver fatto il passo più lungo della gamba, il nuovo futuro governo Meloni-Calenda-Casaleggio potrà sempre dire che: il leader dal ciuffo ribelle e le fossette e il suo successore ingessato e silenzioso avevano scherzato e “chi ha dato ha dato…chi ha avuto ha avuto”. Vabbè dai…io vivo di scetticismo politico, è più forte di me.
Magari mi sbaglio e le città risorgeranno dalle loro ceneri a futuro splendore, le catapecchie diventeranno resort e i grigi condomini assomiglieranno a tante “villa Certosa”, e ti daranno pure i soldi della trasformazione indietro! Ma siamo o non siamo un magnifico paese? Se poi ristrutturassero pure i ponti, le scuole e gli argini dei fiumi diventeremmo proprio una patria ambita da tutti, non solo dai clandestini!
In attesa del miracolo ormai imminente, io e gli altri negozianti della zona ci godiamo i cantieri e l’allevamento in gabbie. Almeno così impariamo la parte del pensionato, osservatore e consigliere degli operai edili. Ci servirà quando dovremo chiudere l’attività!
[M.L]