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sabato, 19 Aprile 2025

Tra i “nativi digitali” il bullismo femminile sta crescendo

Si è svolto a Udine il Convegno “Più baby gang e bullismo femminile”, in cui il fenomeno della violenza tra i giovani è stato analizzato sotto molteplici punti di vista

16.11.2022 – 12.39Cyber bullismo, baby gang, utilizzo sempre più frequente di armi bianche tra gruppi di adolescenti, ma soprattutto l’aumento esponenziale di episodi di bullismo femminile, sono stati i temi al centro del Convegno “Più baby gang e bullismo femminile” organizzato nell’Auditorium della Regione, da Paolo Pittaro Garante regionale dei diritti della persona. Comportamenti che destano non poche preoccupazioni e che sembrano essere aumentati dopo l’isolamento forzato dovuto alla pandemia.
In realtà l’aumento del fenomeno del bullismo femminile non è un fatto nuovo ed è particolarmente studiato, dalla prima decada del 2000, negli Stati Uniti. In un interessante articolo di Francesca Solito viene spiegato in modo dettagliato, partendo da uno studio condotto nel 2005 da Archer e dai suoi colleghi, il tipo di comportamento che mette in atto la cosiddetta “bulla” e quali sono le motivazioni che la spingono a mal vessare una compagna.

Secondo Archer, la violenza psicologica di una adolescente, età in cui normalmente si manifesta questo tipo di atteggiamento, è quasi sempre esercitata in modo: indiretto, relazionale e sociale. A differenza dei ragazzi in cui prevale il sentimento di dimostrare il proprio potere attraverso la forza fisica, nelle ragazze è il senso di appartenenza al gruppo e l’esigenza di primeggiare all’interno dello stesso a scaturire in forme di emarginazione sociale e svilimento dell’autostima nei confronti del soggetto colpito. Un comportamento di manipolazione sociale che nelle femmine si sviluppa prima, in quanto determinato da una diversa abilità cognitiva rispetto a quella dei maschi. Atteggiamenti che si sono aggravati negli adolescenti di oggi, definiti da Riva nel 2014 “nativi digitali”, in cui il tipo di comunicazione ed interazione che avviene tra essi è mediata da uno strumento tecnologico che allontana dall’importante processo di comprensione delle emozioni altrui e che produce, come affermato da Goleman, ad una condizione di “analfabetismo emotivo”.

In un articolo Niccolò Brighella evidenzia il fatto che, livello nazionale, la prima e più recente indagine scientifica è quella del professor Giuseppe Burgio (autore di Comprendere il bullismo femminile, studio pubblicato nel 2018 dalla casa editrice Franco Angeli). Burgio insieme ad un gruppo di colleghi, tra i quali la prof.ssa Antonia De Vita, si sta occupando di indagare a fondo le motivazioni psicologiche dell’incremento di questo fenomeno spesso sottovalutato. Se per tanto tempo si è pensato che le “giovani bulle” mettessero in atto solo un tipo di violenza indiretta e relazionale, contrapposta a quella fisica messa in campo dalla controparte in modo rapido ed impulsivo, il gruppo di studiosi sta osservando che anche il bullismo femminile può  sfociare in violenza fisica ma in tempi molto più graduali, attraverso l’escalation di diverse fasi, il cui punto di partenza è sempre e comunque la violenza psicologica.

Il Convegno, svoltosi a Udine, “Più baby gang e bullismo femminile”, ha spiegato Paolo Pittaro, Garante regionale dei diritti alla persona “è frutto del protocollo di intesa tra noi, il Corecom, la Commissione per le pari opportunità (Crpo), l’Osservatorio regionale antimafia, il Difensore civico del Fvg, la Polizia Postale e l’Ufficio scolastico regionale. Abbiamo firmato un patto che ha proprio lo scopo di prevenire bullismo, cyberbullismo e altri fenomeni di infanzia violata. E lo facciamo a 33 anni esatti dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che è l’accordo più firmato della storia, sottoscritto da quasi tutti gli Stati”. “Un momento di confronto importante – l’ha definito, a margine, il presidente del Consiglio regionale Piero Mauro Zanin – che nasce dal prezioso lavoro del Garante, capace di interagire con diversi soggetti e di fare sintesi. Questo organo di garanzia del Consiglio è davvero strategico perché rappresenta un investimento sui minori, su quello straordinario patrimonio per la comunità che sono le giovani generazioni. Dobbiamo aiutare fin da subito i ragazzi a esercitare i loro diritti e a imparare i loro doveri”.

Ogni ente ha inviato un esperto per affrontare, sotto molteplici punti di vista, il dilagare della violenza tra i giovani che a seconda delle circostanze e del contesto assume forme diverse. lo psicologo-psicoterapeuta Diego Barbisan ha analizzato importanza delle Esi, Esperienze sfavorevoli infantili, che portano chi ha subito diversi traumi a riprodurli verso all’esterno per esercitare quella forma di controllo, che all’interno del nucleo famigliare viene negata. Comportamento che può essere provocato anche da una forma di iperprotezione da parte dei genitori.
Ad affrontare il tema della pericolosità dei mezzi di comunicazione e della responsabilità dei media, invitato da Corecom, il giornalista Paolo Mosanghini direttore del quotidiano “Messaggero Veneto”, il quale da un lato ha sottolineato l’importante ruolo di mediazione dei giornalisti “chiamati a essere garanti di una discussione democratica e rispettosa dell’altro anche nelle varie piattaforme web”, e dall’altro la difficoltà di controllare l’informazione spesso veicolata dai social media.

Invitata dalla Commissione della Pari Opprtunità regionale, la psicologa e psicoterapeuta Nadia Sollazzo ha approfondito il tema del bullismo femminile, “che ha caratteristiche diverse rispetto ai maschi e dove l’obiettivo è danneggiare l’autostima dell’altra. A volte la vittima è una potenziale rivale, da scalzare dalla sua posizione sociale. E le baby gang femminili spesso sono ancora più coese di quelle maschili”. Sollazzo ha messo in evidenza anche il ruolo della “maggioranza silenziosa“, importante perché “il silenzio degli altri rafforza il potere del bullo”.
Sergio Bianchi, direttore generale della Fondazione Agenfar international, invitato dall’Osservatorio regionale antimafia, ha parlato di quanto sia deviante e pericoloso, ad esempio, l’incitamento all’odio attraverso i videogiochi dove si è spinti in modo naturale ad uccidere l’altro, senza che ci sia nessun tipo di denuncia.
Dalla relazione di Cristina Bonucchi, psicologa della Polizia di Stato sono emersi spunti interessanti legati all’evolversi della navigazione su internet. “Se nel 2004, quando io ho iniziato – ha raccontato – ci occupavamo quasi solo di pedopornografia, oggi la diffusione di Internet anche nella fascia preadolescenziale, quella dei bambini di 10-11 anni, ha aumentato di molto la casistica”. Autolesionismo, suicidio, estorsione sessuale, challenge, sexting e revenge porn: è sempre più ampia la possibilità di trovare sul web gruppi con cui condividere propositi e suggestioni ad alto rischio, “con il pericolo di trovare in Rete qualcuno che si nasconde e poi istiga a un certo tipo di comportamento, oppure ricatta il ragazzino minacciando di diffondere sue immagini non appropriate”.

In relazione a casi concreti è intervenuta Elisabetta Moreschini, giudice del Tribunale dei minorenni di Trieste. “A volte – ha spiegato – le vittime percepiscono quel che è successo solo quando c’è un video, come se il danno sociale fosse più grave di quello che ha patito la persona fisica. E spesso i bulli hanno genitori assenti, o in alcuni casi troppo presenti, che cercano gratificazione dal rapporto con i figli, finendo per non entrare mai in conflitto con loro”. Moreschini ha parlato anche della “eccesiva ingerenza dei genitori nella scuola” invitando tutti i soggetti a prendersi la propria parte di responsabilità nei casi di condotta illecita del minore.
Fabiano Paio, dirigente tecnico dell’Ufficio scolastico regionale, ha infine illustrato il progetto messo in campo, grazie al sostegno della Regione che ne ha assicurato la continuità per i prossimi due anni, sul contrasto all’analfabetismo emotivo e funzionale, con un lavoro di formazione rivolto agli insegnanti.

[l.f]

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