21.06.2022 – 07.30 – Non piove, le falde acquifere in Italia sono sempre più basse e le temperature si alzano ogni giorno un po’ di più. In una settimana, il volume dell’acqua nelle falde è diminuito di 60 centimetri, il che significa che per ripristinarsi, serviranno mesi. I Consorzi delle bonifiche stanno valutando di introdurre riduzioni di erogazione idrica quanto prima: parlano di decisioni da attuare nei prossimi giorni. Il fiume Tagliamento, in Friuli Venezia Giulia, è a secco e gli appezzamenti di terra atti alla coltivazione irrigano meno della metà dello spazio necessario. Tutto questo, però, non sta accadendo solo in Friuli Venezia Giulia, ma in tutta Italia. I fiumi e i laghi sono ai minimi storici.
A confermarlo è il bollettino ufficializzato dall’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po che allarma sull’estrema gravità della siccità che l’Italia sta vivendo. Le cause sono sempre le stesse: un inverno caldo al punto che ad oggi la neve sulle Alpi è già esaurita e non può fungere da scorta; una primavera con scarsissime precipitazioni; la temperatura che si registra quotidianamente è di due gradi sopra la media; i laghi, come già accennato sono ai minimi storici e le colture in sofferenza preoccupante. Inoltre, ne risentirà a breve anche la produzione di energia elettrica, già in stallo in molte regioni.
Secondo le stime di Utilitalia, la federazione che riunisce le multiutility del servizio idrico integrato, il livello dei laghi e dei fiumi con questo caldo si abbassa ogni giorno di 9 millimetri. Tutto questo, inevitabilmente, richiede un intervento tempestivo che ha dei costi molto elevati. Si stima, infatti che questa siccità stia costando all’Italia 1,4 miliardi di euro in danni che si estendono dalla mancata produzione agricola fino ai costi di irrigazione maggiorati. E’ l’Associazione nazionale bonifiche irrigazioni miglioramenti fondiari (Anbi) a fornire questi numeri, dichiarando anche che il Nordest Italia è la zona ad essere maggiormente colpita, parte dell’Italia in cui si genera il 40 per cento del prodotto interno lordo.
Ma sono soltanto questi i motivi che hanno portato a questa siccità drammatica? A vedere la punta dell’icerberg siamo naturalmente predisposti tutti, ma è risaputo e continuamente denunciato il fatto che il problema è alla base dell’inquinamento che ha portato a dei seri cambiamenti climatici. Basti pensare ai fenomeni naturali che stanno avvenendo negli ultimi anni, come alluvioni, piogge torrenziali, trombe d’aria e grandinate improvvise e distruttive. Può capitare che in due giorni piova tutta l’acqua che è mancata in due stagioni, provocando inevitabilmente danni di grossa portata su abitazioni, terreni, ecosistema, viabilità. Questi eventi sono chiamati “hotspot climatici” secondo i climatologi, ovvero un luogo dove gli effetti del surriscaldamento globale sono più evidenti che altrove. In Friuli Venezia Giulia, nel 2018, abbiamo assistito al fenomeno di Vaia, alluvione devastante che ha messo in ginocchio la Carnia con ponti e case distrutte, Sappada e la Val Comelico devastando interi boschi, strade e luoghi abitati.
Infine, continua la promessa del Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza, che sostiene di aver stanziato 880 milioni di euro per migliorare l’efficienza dei sistemi di irrigazione e costruire serbatoi di contenimento atti a raccogliere l’acqua piovana al fine di utilizzarla in casi di scarsità. Pare che, secondo il piano, questi “invasi” dovranno essere ricoperti di pannelli fotovoltaici per produrre energia sostenibile. Per attuare tutte queste innovazioni ci vorranno anni e il problema grave della siccità che non si verificava a questi stadi da settant’anni, sta procedendo velocemente, giorno dopo giorno.
f.s.