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Vaiolo e vaiolo delle scimmie: quel che c’è da sapere

23.05.2022 – 12:00 – Per millenni il vaiolo (Variola o smallpox) è stato uno dei più grandi drammi sanitari dell’umanità, fino alla sua eradicazione, certificata ufficialmente nel dicembre del 1979 e avvenuta grazie alla vaccinazione secondo la tecnica sviluppata da Edward Jenner. Inizialmente il virus è stato debellato in Europa, Nord America e Oceania, quindi, grazie a una campagna mondiale di eradicazione condotta dall’OMS, anche in Africa, America del Sud e nel sud-est asiatico. L’ultimo caso registrato risale all’ottobre del 1977 in Somalia. Si trattava di una malattia causata da un poxvirus che si diffondeva da persona a persona o per contatto diretto con le lesioni cutanee causate dall’infezione, o attraverso il tratto respiratorio. La malattia si manifestava con le classiche pustole non confluenti, localizzate soprattutto a livello del volto, e con tutto il corteo sintomatologico aspecifico tipico di molte infezioni (febbre, malessere generalizzato, mal di testa, debolezza, ecc). Diversi fattori hanno reso possibile un traguardo ambizioso come l’eradicazione del virus: l’efficacia del vaccino, il fatto che i soggetti guariti eliminassero completamente il virus, non diventando a loro volta portatori sani, l’assenza di infezioni asintomatiche che permettessero alla malattia di circolare subdolamente nella popolazione e la mancanza di serbatoi animali oltre all’uomo.

È questa una delle differenze sostanziali con il vaiolo delle scimmie (monkeypox) di cui si parla nelle ultime settimane a causa della diffusione di alcuni casi in Portogallo, Spagna, UK e Italia, soprattutto tra giovani maschi omosessuali o bisessuali.

Il vaiolo delle scimmie ha un serbatoio animale non ben identificato, cosa che permette al virus di circolare anche quando non ci sono casi tra gli esseri umani. Non si è certi di quali siano, ma i maggiori indiziati sono i piccoli roditori delle foreste pluviali africane dell’ Africa occidentale e centrale. È dunque un virus che fa spesso il salto di specie da animali a uomo. Come il vaiolo (smallpox), anche il vaiolo delle scimmie è un poxvirus appartenente al gruppo Orthopoxvirus. È stato identificato per la prima volta nel 1958 quando si sono sviluppati due focolai di una malattia simile al vaiolo in colonie di scimmie, da cui il nome “vaiolo delle scimmie”. Il primo caso umano di monkeypox è stato registrato nel 1970 nella Repubblica Democratica del Congo proprio mentre era in atto la campagna per l’eradicazione del vaiolo, inaugurata dall’OMS nel 1967. Da allora il vaiolo delle scimmie è stato segnalato negli esseri umani in altri paesi dell’Africa centrale e occidentale e si sono verificati sporadici focolai anche in altri paesi, ad esempio negli USA nel 2003. Negli ultimi anni c’è stato un incremento dei casi a livello mondiale, soprattutto in Africa, probabilmente dovuto all’abbandono della vaccinazione contro il vaiolo, che pare garantisca una base di immunità anche contro il vaiolo delle scimmie.

Rispetto alla malattia eradicata (smallpox), il vaiolo delle scimmie dà una sintomatologia più lieve, ha un tasso di letalità minore ed è meno contagioso, poiché la trasmissione da persona a persona è poco efficace. Si ritiene che la trasmissione avvenga dagli animali infetti attraverso fluidi corporei, tra cui goccioline salivari o respiratorie, o da altre persone con un prolungato contatto faccia a faccia o con i fluidi corporei. Benché sia possibile la trasmissione per via aerea, sembra che i casi segnalati di recente siano in gran parte riconducibili a infezioni contratte per via sessuale, quindi con contatti molto ravvicinati con il soggetto infetto.

Per quanto riguarda la sintomatologia, il monkeypox si presenta con febbre, dolori muscolari, cefalea, linfonodi gonfi, stanchezza e manifestazioni cutanee quali vescicole, pustole e piccole croste. Possono svilupparsi infezioni batteriche secondarie a livello cutaneo e polmonare. La diagnosi si basa su esami colturali, PCR (Polymerase Chain Reaction), immunoistochimica o microscopia elettronica. Come per molte altre infezioni virali, non esiste una terapia mirata, ma si procede con un trattamento di supporto per alleviare i sintomi. In genere la malattia si risolve spontaneamente in un paio di settimane con adeguato riposo e senza terapie specifiche.

L’Istituto superiore di sanità raccomanda, qualora insorgano sintomi sospetti come vescicole o altre manifestazioni cutanee, di rivolgersi al medico di fiducia. Come prevenzione, è importante evitare il contatto con persone con febbre e valutare con attenzione, prima di ogni contatto personale stretto o contatto sessuale, la presenza di eventuali manifestazioni cutanee inusuali (quali vescicole o altre lesioni) sulla cute del partner. Questo comportamento è utile a prevenire non solo il monkeypox ma anche altre infezioni sessualmente trasmesse.

 

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