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9 maggio: la guerra in Ucraina ricompatta l’Europa

10.05.2022 – 07:10 – Il 9 maggio è una data doppiamente significativa di questi tempi. Da un lato c’è la Russia che festeggia la Giornata della vittoria in quella che da quelle parti chiamano la Grande guerra patriottica, per noi Seconda Guerra Mondiale, che all’allora Unione Sovietica costò qualcosa come 28 milioni di morti. Dall’altra parte c’è l’Europa, che celebra la Giornata europea. La guerra che sta martoriando l’Ucraina ha illuminato di luce nuova la ricorrenza. Se i timori che Putin potesse approfittare dell’occasione per imprimere una svolta al conflitto si sono rivelati vani, tant’è che nel discorso alla Nazione il leader russo non ha fatto che ripetere slogan e concetti già noti, atti a giustificare l’attacco all’Ucraina, dall’altro qualcosa inizia a muoversi.

La mossa della Russia ha generato l’effetto paradossale di compattare il fronte europeo, non solo sulla questione “sanzioni”, che pur tra distinguo e interessi particolari procedono verso un orizzonte comune, ma soprattutto dal punto di vista politico. Nel discorso del 3 maggio scorso, Mario Draghi ha parlato all’Europarlamento della necessità di un progetto federale e dell’urgenza di superare i trattati per adeguare le istituzioni europee ai tempi, ma non è stato il solo ad esporsi. Nella giornata di ieri anche la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, durante il suo intervento alla cerimonia di chiusura della Conferenza sul futuro dell’Europa, si è espressa sulla necessità di superare l’obbligo di voto all’unanimità nelle decisioni più importanti della politica europea. “Se vogliamo agire più velocemente – ha detto von der Leyen – dobbiamo superare il voto all’unanimità in alcuni settori chiave”. La presidente ha aggiunto che l’Europa dovrebbe anche svolgere un ruolo di maggior rilievo nella salute o nella difesa.

Il riferimento è alle decisioni del Consiglio dell’Unione Europea, l’organo che rappresenta i governi degli Stati membri composto da un ministro per ciascuno di essi, che ha sì potere legislativo, ma che per varare decisioni in ambiti particolarmente delicati, come la difesa o la politica estera, necessita appunto dell’unanimità dei 27 membri. Un processo che oltre a rendere i procedimenti decisionali molto più lenti e farraginosi, garantisce un potere di veto a chiunque ritenga di avere una buona ragione per opporsi alla proposta in discussione. Lo si è visto di recente in occasione del sesto pacchetto di sanzioni, bloccato nei giorni scorsi da Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca.

L’unità, o meglio la forza politica delle istituzioni europee, è il primo vero passo verso un’UE più rilevante sulla scacchiera internazionale. Si parla spesso di un esercito europeo ad esempio, ma come potrebbe mai esistere senza una politica estera comune e una difesa condivisa, che abbiano la legittimazione necessaria per imporre decisioni in autonomia senza i vincoli dei singoli membri?

Anche secondo Emmanuel Macron, intervenuto a Strasburgo, serve una nuova Europa, rafforzata e capace di decidere, obiettivo per cui è necessario riformare i trattati UE. “Dobbiamo trovare la via per ripensare l’Europa, la sua unità, la sua stabilità, senza rendere fragile l’intimità costruita dentro l’Ue”. I capi di stato e di governo ne discuteranno durante il prossimo vertice in programma a giugno.

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