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martedì, 29 Aprile 2025

Alessandra Chiandotto, l’educatrice cinofila che trasforma i contrasti in relazioni di amore

22.04.2022 – 07.20 – Continua la nostra rubrica settimanale dedicata alla sensibilizzazione sul tema animale, mettendo in luce il lavoro e la cura di associazioni di volontariato come oasi feline, gattili, canili del nostro territorio: il Friuli Venezia Giulia. L’obiettivo delle nostre interviste è fornire quanto più possibile, oltre ad una sensibilizzazione, anche un’informazione adeguata sul mondo animale che possa ampliare e incuriosire al fine di capire e scoprire. 
Nel nostro percorso di interviste, abbiamo incluso anche un’educatrice cinofila, Alessandra Chiandotto con la sua Associazione InQuestoMondoDiCani con sede a Monfalcone, che da sei anni si occupa di accogliere le coppie di cane e umano in vari percorsi di riabilitazione relazionale, spesso sottovalutati, ma necessari nella crescita sia dell’animale e sia del proprietario che attraverso i metodi dell’educazione cinofila è portato a mettersi in ascolto e in atteggiamento di conoscenza nei confronti del suo amico a quattro zampe.

Qual è il ruolo dell’educatore cinofilo nella relazione tra cane e proprietario?

L’educazione cinofila si dirama in moltissimi ambiti che spaziano dall’educare il proprietario alla gestione del guinzaglio senza nessun atto di violenza; le attività motorie sul campo che coinvolgono differenti giochi e strategie per permettere al cane di sbloccare dei meccanismi che lo rendono timoroso, insicuro, ansioso, fobico o aggressivo, anche se nell’ultimo caso è importante sottolineare che un cane aggressivo ha quasi sempre un accumulo di ansia e paura causati da un trattamento negativo. Ogni cane ha un carattere specifico, dato sia dalla razza – quindi anche gli incroci – sia dal rapporto col suo compagno di vita, sia dal contesto sociale da cui arriva. Il mio ruolo è quello di osservare prima di tutto i movimenti, gli atteggiamenti e i trattamenti di entrambe le parti – cane e persona – e di conseguenza intervenire applicando differenti metodi a seconda del contesto, metodi che hanno a che fare con l’accoglienza e con la pazienza. Si usa il termine “metodo gentile” che io non amo molto, perché rischia di minimizzare l’applicazione metodologica della professione, già di per sé difficile da far arrivare come tale non avendo un albo di riferimento. L’obiettivo è che il cane e l’essere umano conoscano e si riconoscano. Perché questo avvenga, quasi sempre è la persona che deve fare un passo indietro per mettersi in ascolto delle esigenze del suo cane e quando non sa come fare perché il rapporto sembra privo di risposte – anche se non è mai così – si rivolgono a noi educatori che forniamo delle tecniche mirate a seconda del caso specifico del cane osservando però molto la relazione di coppia. In questo modo, il lavoro interiore avviene anche da parte dell’essere umano che spesso subisce un cambiamento in meglio. I cani sono il nostro specchio, questo non va mai dimenticato.

Che differenza c’è tra addestratore ed educatore cinofilo?

Principalmente il ruolo dell’educatore cinofilo nasce per portare il cane alle successive tecniche di addestramento o altre varie discipline ad esso collegate, ma in realtà la cinofilia si differenzia moltissimo dall’addestramento in quanto l’educazione, come suggerisce la parola nella sua etimologia, porta a “tirar fuori” le potenzialità dell’animale tanto quanto i suoi problemi che, spesso purtroppo, sono legati al contesto sociale in cui è inserito. Addestrare significa invece “rendere destro”, “rendere abile a”, più improntato – spesso, ma non in tutti gli addestramenti- a soddisfare le richieste dei proprietari come si pensa da molto tempo sia necessario nel nostro contesto culturale: il cane deve eseguire. Non è affatto così. Il cane deve essere capito tanto quanto lui capisce il suo compagno umano e da questa relazione si può costruire una conoscenza in continua espansione. L’addestramento può essere utile su cani che hanno superato i complessi e i problemi, ma sempre affiancato da un metodo educativo e non di forzatura che tende a rendere il cane una macchina da esecuzione. Ripeto, non è così per tutti gli addestramenti, ma per molti purtroppo sì nei quali viene anche applicata la violenza se il cane non risponde ai comandi, soprattutto nella gestione del guinzaglio. La violenza provocherà solo altra paura e possibile violenza da parte del cane sulle persone, su altri cani e sul proprietario. Nessun cane è violento a prescindere, è una conseguenza. Poi ci sono dei caratteri che vanno indubbiamente gestiti perché più forti o imponenti, come alcuni cani alfa, ma rientra sempre nella capacità di comprendere l’animale e accompagnarlo in una relazione.

Quali sono le principali attività in un incontro di cinofilia?

Io personalmente lavoro a 360 gradi. La prima cosa è dare le competenze alla persona su come gestire il suo cane per poterlo poi capire. Portare consapevolezza nei proprietari è il lavoro primario e più intenso da fare immediatamente per creare la condivisione; poi si inizia a lavorare sulle capacità di espressione dell’animale attraverso l’esplorazione sul campo, l’interazione con il compagno di vita e con altri cani, attività queste che permettono di conoscere le competenze delle cane; in seguito, ci si concentra sui contesti comuni di vita che implicano la gestione del guinzaglio, il gioco, la passeggiata. La socializzazione con gli altri cani, per esempio, è un aspetto da trattare con molta cura e l’obiettivo è che i proprietari sappiano accompagnare il cane per lasciarlo esprimere al meglio nel contesto sociale.

C’è un lavoro molto importante da svolgere, deduco, anche sul comportamento dell’essere umano e di conseguenza su i suoi problemi?

Assolutamente sì, è imprescindibile. Il lavoro psicologico sul proprietario avviene in automatico se decide di iniziare un percorso di educazione cinofila. I problemi degli esseri umani pesano molto sul cane che, ripeto, fa da specchio all’uomo, tanto quanto noi portiamo quello che siamo nel rapporto col nostro cane: controllo, ansia, pigrizia, rabbia. Il cane ci dà la possibilità di migliorare, sempre.

Quali sono i maggiori rischi o problemi del tuo lavoro?

Se parliamo di morsicature, per esempio, è un rischio correlato all’errore: se metti il cane nella condizione di aggredirti fisicamente, lui ti aggredirà. Ho lavorato con cani che volevano uccidermi, eppure sono riuscita ad entrare in relazione senza lesioni grazie all’applicazione dei metodi, dei lunghi percorsi che ho fatto con la Giada, la mia cagna e poi con l’esperienza con altri cani. Indubbiamente è una professione che devi sentire, non è per tutti, perché ci vuole un grande amore per gli animali e una forma di conoscenza personale che, per quanto sia sempre in evoluzione, richiede una centratura necessaria per saper cogliere i segnali di un essere vivente che ha un linguaggio diverso dal nostro. Posso dire che più che problemi forse il lati negativi del mestiere che faccio succedono nel non poter arrivare all’armonia nel rapporto tra cane e proprietario a causa dell’essere umano che non vuole avere una profondità di sguardo. Il problema non nasce quasi mai dal cane. Disfunzionalità della relazione e della gestione della quotidianità da parte della persona, così come la ripetizione quotidiana di situazioni disfunzionali portano alla creazione di problemi sul cane e, di conseguenza, sulla relazione con esso. Inoltre, dipendo molto dal meteo lavorando quasi sempre in campo aperto. Durante il periodo del Covid, invece, le adozioni sono aumentate e il mio lavoro ha subìto un boom di richieste perché ci sono stati casi di cani con gravi problemi nel relazionarsi al mondo sociale: cani che non correvano perché erano rimasti chiusi in casa come le persone; cani impauriti e confusi in mezzo a poche persone. Il Covid ha lasciato il segno su tutti, anche sugli animali.

Da quanto tempo esiste la professione dell’educatore cinofilo?

In Italia è una professione che è arrivata più tardi rispetto all’Europa centrale. Intorno agli anni Sessanta si sono formate le prime strutture organizzate, ma la ricerca vera e propria nasce in Italia dopo il terremoto avvenuto qua in Friuli nel 1976 dove sono stati presi i cani su un metodo di attivazione mentale utilizzato nell’addestramento per il soccorso, anche grazie a Paolo Villani, considerato il numero uno come educatore cinofilo improntato sull’attivazione mentale.

Quali sono, invece, i lati positivi e i maggiori successi che ottieni dalla tua professione?

Senza dubbio il cambiamento dei proprietari dopo il percorso cinofilo, i quali comprendono che la loro sana evoluzione accade quando ti metti in relazione con un’altra vita. Mettersi in ascolto e fare un passo indietro rispetto le loro convinzioni e blocchi permette loro di essere diversi anche nelle loro emozioni. Gli esseri umani e i cani hanno un sistema endocrino uguale, quindi riescono a interagire immediatamente a livello emotivo e questo permette sia di danneggiare il rapporto se gestito male, ma anche di recuperarlo e ricostruirlo.

Quanta strada c’è ancora da fare per riuscire a sensibilizzare sempre di più le persone sull’importanza di questa professione?

Devo dire che è tutto in evoluzione, soprattutto nell’approccio basato sull’ascolto del cane da parte anche delle ricerche scientifiche, come le neuroscienze, aspetto questo che manca invece nell’addestramento. Io penso che dovrebbe esserci una svolta nel lavoro di volontariato in relazione con i professionisti cinofili per permettergli di lavorare di più sui cani e creare una costanza tra i volontari che invece vanno e vengono. In ogni caso, il grande obiettivo su cui molte realtà stanno lavorando è quello di coinvolgere altri punti di vista nella cura del cane, come l’osteopatia, la fisioterapia, la naturopatia. Tutte realtà esistenti che ampliano la scoperta e la conoscenza a noi umani su questo meraviglioso animale, poiché si addicono perfettamente alla cinofilia che, a differenza dell’addestramento, coltiva il benessere del cane che a sua volta deve passare attraverso delle attività interattive.

 

Francesca Schillaci

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