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venerdì, 6 Giugno 2025

Conflitto Russia – Ucraina: Telegram batte WhatsApp. Un amaro scherzo del destino

È quasi paradossale che le autorità russe, in questo momento, stiano promuovendo attivamente Telegram, quando nel 2014 scacciarono dal Paese il suo fondatore Pavel Durov che creò la piattaforma in esilio.

22.03.2022 – 07.30 – In poco meno di un mese Telegram ha superato WhatsApp, diventando il principale veicolo della messaggistica istantanea in Russia. Secondo quanto riportato ieri dall’agenzia stampa internazionale Reuters, Megafon, il secondo più grande operatore telefonico russo, sta rilevando questo fenomeno da quando i sovietici hanno dimostrato delle riserve nei confronti dell’app, e promosso attivamente Telegram. Riserve dovute al caso giudiziario attualmente in atto con la sua controllante Meta Platforms Inc tacciata dai procuratori sovietici come “organizzazione estremista”. Motivo per il quale le autorità russe hanno bandito le piattaforme straniere Facebook, Instagram e Twitter. È stato respinto proprio dal tribunale di Mosca il tentativo della proprietaria di Facebook di difendersi dalle accuse di estremismo e questo potrebbe provocare l’esclusione totale dal mercato russo del gigante tecnologico americano. L’accusa si basa sul fatto di aver permesso agli utenti dei social media ucraini di inviare messaggi sollecitando la violenza contro il presidente russo Vladimir Putin. Secondo quanto riferito da Interfax, l’avvocato del colosso americano, Victoria Shagina, ha contrabattuto in tribunale che Meta non stava svolgendo alcuna attività estremista, opponendosi all’accusa di russofobia.

Dall’analisi del traffico internet comunicata ieri da Megafon, i dati dimostrano come il flusso di Telegram sia passato dal 48% delle prime due settimane di febbraio, a quota 68% nelle prime due di marzo, mentre WhatsApp sia scesa nello stesso periodo da un 48% ad un 32%. Nella stessa notizia pubblicata da Reuters, Megafon ha sottolineato che il servizio è iniziato a crescere dal 24 febbraio, data di inizio del conflitto Russia – Ucraina, definito da Mosca un’operazione speciale per degradare le capacità militari del suo vicino meridionale e sradicare le persone che definì nazionalisti pericolosi.

Tuttavia, la notizia sorprendente non riguarda tanto il discorso di una lotta tra piattaforme digitali che, considerando la posizione dei paesi occidentali nei confronti della Russia, era quasi scontata, bensì nella rivincita del fondatore di Telegram Pavel Durov sul Governo di Putin, che lo constrinse nell’aprile del 2014 ad abbandonare il proprio paese e cambiare nazionalità. Oltre alla beffa anche il danno, perché in questo mese di sanguinari scontri è la piattaforma digitale più utilizzata dal popolo ucraino per diffondere i propri messaggi, in quanto scevra dal potere di controllo sulla comunicazione da parte dei russi. Basti solo pensare ai massaggi diffusi domenica, dal sindaco di Mariupol Vadym Boychenko, sui deportati ucraini. Durov, ai tempi fu considerato “il Mark Zuckerberg russo” per aver fondato a soli 19 la “VKontakte“, la piattaforma social più diffusa nel suo paese che diventò in breve tempo una piattaforma da tre miliardi di dollari. A 25 anni però iniziarono i problemi con il Cremlino. Rifiutò pubblicamente di sottomettersi alle richieste delle alte sfere di chiudere tutti i gruppi che utilizzavano i profili per organizzare alcune marce di protesta a Kiev e Mosca, le pagine degli oppositori politici di Putin e soprattutto di violare la privacy delle informazioni. Fu costretto a vendere alla Sogaz, compagnia di assicurazioni nata Gazprom, e ad andarsene. Diventato cittadino di Saint Kitts and Nevis nei Caraibi, dopo aver girato tutto il mondo, si è stabilito a Dubai da dove gestisce la sua società. È stato proprio durante il suo esilio che ha creato Telegram.

[l.f]

(Fonti Reuters, Il Giornale, Forbes, Interfax)

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