Alzi la mano chi conosce i RAEE! Probabilmente l’acronimo dirà poco alla maggior parte dei lettori, ma dietro di esso si nasconde un mondo con cui ciascuno di noi si interfaccia quotidianamente. Un mondo di immondizia, o quasi. I RAEE sono i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Fuori dai confini nazionali capiterà più facilmente di sentirli chiamare electronic waste o e-waste. Banalmente, quando un elettrodomestico o un apparecchio come uno smartphone, un notebook, un asciugacapelli, una lampadina e così via esaurisce il suo ciclo vitale o diventa obsoleto, la carcassa che rimane non può seguire il percorso che fanno i rifiuti comuni, ma va trattato a parte. O almeno così dovrebbe essere. Le ragioni sono sostanzialmente due. La prima: i RAEE potrebbero contenere materiali pericolosi per la salute e l’ambiente o sostanze inquinanti. Punto numero due: in queste apparecchiature sono spesso inclusi elementi, se non rari, preziosi, che una volta recuperati possono rientrare nel ciclo produttivo (rame, ferro, acciaio, alluminio, vetro, argento, oro, piombo, mercurio e così via). In base alla tipologia di impiego e di produzione dei vari AEE (cioè dei RAEE prima che diventino rifiuti), sono previste diverse catene di smaltimento e recupero dei materiali. Le ragioni per cui recuperare le materie prime presenti nei dispositivi elettronici è una cosa buona e giusta sono ambientali quanto economiche, alla luce delle difficoltà recenti nell’approvvigionamento e dell’instabilità dei prezzi. Insomma evitare di disperdere elementi utili, oltre a preservare la salute, aiuta anche le tasche.
Purtroppo va osservato che, a fronte dell’obiettivo europeo di raccogliere almeno il 65% dei rifiuti di questo tipo, il tasso italiano è in costante calo, essendo passando dal 42,8% del 2018 al 36,8% del 2020 (dati Fise Assoambiente). I RAEE vengono categorizzati in cinque gruppi, sulla base dei quali è normata anche la raccolta:
- R1 (Freddo e Clima), per esempio frigoriferi, congelatori, apparecchi per il condizionamento
- R2 (Grandi Bianchi), per esempio lavatrici, lavastoviglie, forni a microonde, piani cottura economici, ecc.
- R3 (TV e Monitor), per esempio vecchi schermi a tubi catodici CRT, moderni schermi a LED, al Plasma.
- R4 (PED CE ITC, apparecchiature illuminanti e altro), per esempio aspirapolvere, macchine per cucire, ferri da stiro, friggitrici, frullatori, computer (unità centrale, mouse, tastiera), stampanti, fax, telefoni cellulari, videoregistratori, apparecchi radio, plafoniere.
- R5 (sorgenti luminose), per esempio lampade che contengono gas (come quelle a incandescenza), tubi fluorescenti al neon, lampade a risparmio energetico, a vapori di mercurio, sodio, ioduri, o sotto vuoto.
Il cittadino può disfarsi delle apparecchiature elettriche ed elettroniche non più funzionanti in diversi modi. È possibile consegnarle gratuitamente al centro di raccolta del proprio comune o a un rivenditore di AEE, in due diverse modalità: 1 a 1 o 1 a 0. Il venditore è tenuto a ritirare un apparecchio di grandi dimensioni nel momento in cui se ne acquista uno equivalente (anche online). Semplificando, se il cliente acquista una TV nuova, il venditore sarà obbligato per legge a portare via quella vecchia, ammesso che glielo si chieda. I RAEE di dimensioni inferiori ai 25 cm invece possono essere ceduti ai punti vendita di AEE con superfici superiori ai 400 mq indipendentemente dall’acquisto di nuova merce. È più complesso lo smaltimento per i rifiuti elettronici degli uffici, che dev’essere necessariamente mediato da una impresa specializzata.
Scorrendo i dati riguardanti lo scorso anno, 2021, si osserva che in Italia sono stati prodotti quasi 400 milioni di kg di RAEE, di cui più della metà nel nord del Paese. Il Friuli Venezia Giulia ha contribuito solo con 9.293.092 Kg, un valore apparentemente piccolo ma perfettamente dimensionato se rapportato alla popolazione. Basti pensare che la Lombardia, che conta un numero di abitanti circa otto volte superiore, ha prodotto 70 milioni di rifiuti elettronici.