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La poesia dell’esperienza sconsacrata: Apolide di Mary Barbara Tolusso

14.03.2022 – 07.30 – In un tempo in cui la poesia sembra morire, arriva un alito di speranza con Apolide di Mary Barbara Tolusso, pubblicato nella collana Lo Specchio di Mondadori, in uscita martedì 1 marzo 2022 in tutte le librerie di Italia. Il tragitto di un’intera vita dedicata alla scrittura si condensa dentro un’unica opera che racchiude il percorso poetico della poetessa friulana, nata a Pordenone e residente a Trieste, città in cui vive e lavora come giornalista per le pagine de Il Piccolo, La Stampa, Il Gazzettino e riconosciuta nell’ambito narrativo con L’imbalsamatrice (Gaffi, 2009) e L’esercizio del distacco (Bollati Boringhieri, 2018), le raccolte poetiche L’inverso ritrovato (LietoColle, 2003) e Il freddo e il crudele (Stampa2009, 2012). “Apolide rappresenta un po’ la nostra contemporaneità” dice Tolusso, “dove il corpo è sempre più diviso tra fisico e metafisico; dove siamo tutti senza patria, così come stiamo andando incontro ad uno sgretolamento della sessualità categorizzata; dove non ci sono divisioni nette e pretese di identità, ma solo l’autocoscienza di esserci”. È il mondo stesso, quindi, che sta muovendo i suoi passi verso una realtà apolide e la poetessa si fa portavoce partendo dalla sua esperienza individuale che si tramuta in sentire collettivo di un’umanità in continuo mutamento.

Nella poesia della Tolusso si possono ritrovare echi di grandi poeti, come Giovanni Raboni, Camillo Sbarbaro, Wisława Szymborska e dediche ai maestri come Maurizio Cucchi, che la poetessa richiama in una scrittura in corsivo quasi a ringraziare un antico incontro e a elevarlo come necessario nella fusione dei suoi personali versi. Ma leggendo e rileggendo l’intera opera, con avida curiosità che innesca, Apolide risulta non assomigliare a niente se non alla sua poesia autentica e tagliente, onesta ed essenziale, per nulla alla ricerca di uno specchio nel quale approvarsi né approvare, ma solo nell’ammissione di quel che occhio e cuore, alito e intelletto individualmente hanno vissuto e fissato in un percorso lirico degno di nota che si eleva a poesia estetica (Ma nulla è sacro per chi pensa/sintesi audaci, ricerche provocanti/ manipolazione viziosa di temi scabrosi/e poesia etica allo stesso tempo (può essere utile ricordare che nei tempi/cattivi si fanno orribili abiti e pessime/poesie seguendo gli stessi principi/dei tempi buoni; e che ogni giovane/uomo si impegna a distruggere i buoni/risultati di un’epoca nella convinzione/di migliorarli).

Prosa poetica e poesia si incontrano in un percorso letterario che ha portato Mary B. Tolusso ad una consapevolezza esistenziale grazie alla sua autocoscienza critica “necessaria in un poeta per sentire empatia” e diventare presili nel riconoscere i propri limiti per accettarli e poi offrirli al mondo, nel caso di Tolusso, attraverso i versi che in Apolide si possono leggere come un manifesto collettivo: la precarietà e l’inconsistenza del “corpo che ti tradisce” “spoglio com’è d’ogni bene” diventano il coro di una morte in agguato, palpabile nel sonno come “una morte/anticipata, insepolta, coagulata fino all’erezione” ma necessaria all’uomo per progettarsi in un quotidiano esercizio del distacco. L’accettazione della condizione passeggera dell’essere umano, nei versi di Apolide racconta spazi di quotidianità, inciampi e traguardi che rendono il canto della poesia un’esperienza sconsacrata, reale. Al contrario, l’ammissione nuda del dolore si eleva a inno di un amore rubato dalla morte, ma mai finito e per questo incolmabile, inconsolabile, inaccettabile dove l’arrivo del sonno come piccola esperienza della fine, “quell’unica potente/solitudine prima di dormire” di fronte alla perdita dell’amore assoluto diventa invece una minaccia a cui è impossibile sottrarsi, dove “il linguaggio è povero, un barlume/di luce su un pugnale/siamo qui per spezzare ciò che è intero”, e l’unica cosa che resta è negare quella fine che nessuno può comprendere: “Cosa deve avvenire? Questa morte non esiste” “La verità è una cosa indecente”. Amore e morte si incastrano e si fondono in una confessione che mette corpo e intelletto da parte, per lasciare spazio solo alla ferita, il diritto al dolore sconfinato che trova accoglienza e sollievo soltanto nella poesia. Apolide si svela come opera audace nella confessione intima di un modo di essere che convive negli ossimori, gli opposti difficilissimi da raccontare e da accettare, ma tipici e autentici nel mondo di un poeta, che per natura è chiamato a sentire la vita nelle sue crepe e leggerne ogni forma, consapevole di come sia “terrificante osservare/con quanto poco movimento/si renda un intelletto fecondo”.

La letteratura continua ad acquisire con Mary B. Tolusso un tassello estremamente utile sia per le generazioni future sia per quelle presenti perché accompagna il lettore nel difficile percorso del vedere la nostra realtà per quella che è e non per quella che vorremmo che fosse, senza giudizio nè accusa, senza false premure né preghiere, attraverso una poesia che facilmente può essere criticabile come brutale e a tratti scioccante, ma proprio per questo necessaria e intoccabile.

[f.s.]

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