15.03.2021 – 13.03 – Ricorre oggi, lunedì 15 marzo, la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, una giornata dedicata alla lotta e alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul tema dei Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Per l’occasione, riceviamo e pubblichiamo la lettera di una giovane lettrice, Margherita Bonetti, che attraverso la sua testimonianza e personale esperienza, rivolge un messaggio a tutte le ragazze e i ragazzi che oggi si trovano a combattere contro i disturbi alimentari.
“Oggi non si festeggia una giornata qualunque, si festeggia la giornata di coloro che hanno combattuto, vissuto e a volte purtroppo perso, la battaglia contro i disturbi alimentari. Pochi sanno cosa sia un disturbo alimentare e solo coloro che hanno vissuto realmente questa malattia sulla loro pelle sanno il mostro orribile che si cela dietro tutto ciò.
Oggi i disturbi alimentari purtroppo sono molto diffusi, in particolare tra i giovani. Ne ho viste tante di persone specchiarsi con questa malattia, ed io stessa sono stata una di queste.
Nessuno realmente sa che questo mostro terribile non è semplicemente un problema tra l’individuo e il cibo, ma è qualcosa che ha un’origine più profonda: un disagio sociale.
L’individuo vittima di disturbi alimentari, vorrebbe scomparire, non parlare, non socializzare, non sorridere e sopratutto non vivere più. Questo distacco sociale è ciò che porta la persona a rapportarsi in un modo “malato” con il cibo, con il fine di scomparire (come nel caso dell’anoressia); proprio per questo il soggetto anoressico o bulimico tende a farsi del male da solo e a crearsi da solo le condizioni per sparire, o meglio dire morire, privandosi del cibo.
Non era mia intenzione presentare questo argomento così direttamente..ma ritengo giusto farlo verso me stessa e sopratutto in nome di quelle persone che purtroppo a causa di questa malattia, sono scomparse.
Io appartengo a quella categoria di quelle persone fortunate, che il mostro lo hanno sconfitto. Negli anni della mia malattia non mi rendevo conto di nulla, non guardavo in faccia a nessuno, ed ero talmente stanca e priva di energie che non intendevo stare tra la gente, partecipare e sopratutto dialogare. Ecco quest’ultimo aspetto è ciò che voglio maggiormente evidenziare. Il dialogo e la parola, sono ciò che per me è stato determinante. Il dialogo ad un certo punto non era più qualcosa che era parte della mia vita, non c’era più; allo stesso tempo però il dialogo mi ha salvata: parlare con la mia psicologa, discutere con il mio neuro psichiatra, riferire ai miei genitori che qualcosa non andava, mi ha fatto guarire.
Questa è stata la “prima” fase della mia guarigione. Poi chiaramente ci sono stati un insieme di altri fattori, che mi hanno aiutata ad uscirne e mi hanno permesso di scrivere qui queste cose ora.
Un secondo motivo, forse molto più importante rispetto a quello che ho menzionato prima, che mi ha portato a scrivere alla redazione in questo giorno così importante, è perché vorrei fare un appello, a coloro che ora stanno combattendo contro questo grande mostro.
A queste persone io dico non arrendetevi e non cedete! Non abbiate paura di curarvi e sopratutto di uscire dalla malattia e mostrare al mondo chi siete realmente.
Posso assicurarvi, da persona che ha provato il brivido di questa malattia, che quando tutto finirà ne uscirete con una grinta immane, che nemmeno voi stessi riconoscerete più.
Spero che le mie parole siamo utili, facciamo riflettere le persone e stiamo accanto a chi ne ha bisogno.
Dedico questo messaggio a coloro che mi sono stati accanto nel mio percorso, che mi hanno vista rifiorire e che hanno creduto in me, quando io credevo di essere un niente tra tutti”.