25.11.2021 – 09.30 – Il mondo rispettivamente portuale e scientifico di Trieste guarda da tempo con interesse al mondo dell’idrogeno: non solo per lo stoccaggio, quanto per la produzione e l’utilizzo a livello ferroviario e trasportistico. In quest’ambito, riecheggiando un precedente incontro con l’Authority giuliana, si è svolto il workshop ‘North Adriatic cross-border Hydrogen Valley: towards the clean energy transition‘, in programma tra Gorizia e Nova Gorica.
L’ambizioso obiettivo prevede la creazione di una “Valle dell’idrogeno transnazionale nord adriatica” che risulti trasversale a Friuli Venezia Giulia, Slovenia e Croazia. Insomma, una sorta di Mitteleuropea “gassosa”. A livello pratico si tratterebbe di creare delle cosiddette “catene di valore complete“, ovvero sistemi che interconnettano la produzione dell’idrogeno, così come il suo utilizzo nella vita d’ogni giorno. Il pensiero corre alle possibili applicazioni per treni e autobus; sebbene a questo proposito le compagnie Adriafer e Trieste Trasporti avessero avvertito che si è ancora fermi a prototipi sperimentali.
Per fornire un’idea di cosa possa essere una “hydrogen valley” occorre guardare ad esempio alla Romagna, dove Eni va progettando due parchi eolici, un parco fotovoltaico e un impianto di elettrolizzazione per la produzione di idrogeno verde. A propria volta l’idrogeno prodotto alimenterebbe duemila autobus, de facto fornendo energia a una larga parte della costa romagnola. Simili esempi di un sistema integrato potrebbero trovare applicazione anche sul versante nord adriatico, coinvolgendo tanto Trieste, quanto Lubiana e Zagabria.
Nel caso del FVG questa potrebbe essere la prima, storica, valle transfrontaliera italiana. L’interesse per il progetto vede alcune firme di spessore alle spalle: Fincantieri, ovviamente, ma senza trascurare la Snam, Danieli e Wartsila. Oltre ai classici enti di ricerca della Trieste “scientifica”, la Regione Friuli Venezia Giulia e l’Università degli studi di Trieste.
Tra i dati confermati, al di là dell’interesse degli enti qui citati, c’è la partnership pubblico-privata Fuel Cell and Hydrogen Joint Undertaking, che ha già finanziato altre valli del genere in Europa.
Buone le ricadute anche occupazionali, sebbene – e questa è una caratteristica del Green New Deal europeo – tutte a elevato tasso di specializzazione tecnico. Si tratterebbe, se condotta correttamente e se la tecnologia all’idrogeno si rivelerà efficace quanto previsto, di un passo in avanti per un’Europa dell’Est sostenibile e pulita.
I termini? Si vagheggia di un 2030; pertanto a breve, nell’arco di un decennio, in linea coi finanziamenti europei.
[z.s.]