07.03.2021 – 08.30 – Come la Via del Torrente, oggi Via Giosuè Carducci, deve la sua conformazione originaria alla presenza di uno dei primigeni torrenti triestini, così la Corsia Stadion, oggi Via Battisti, originariamente corrispondeva al fiumiciattolo dello Scoglio/Marchesetti. Il torrente scendeva dalla collinetta dello Scoglio, affiancato dal torrente di San Pelagio che proveniva da San Giovanni; entrambi confluivano all’incrocio di Via dello Scoglio con Via Giulia. Il fiume consentiva a partire da questa confluenza la formazione di due grandi vie, rispettivamente il Molin Grande e San Pelagio.
Nonostante fosse nato dall’unione di due torrenti, il fiume non aveva molta acqua; la situazione era poi esacerbata dal suo utilizzo per gli scarichi fognari delle case, con la formazione nelle estati ottocentesche di miasmi e sciami di zanzare. Un filare di alberi di gelso ai lati del torrente forniva la necessaria frescura, ma l’insufficiente rete idrica triestina rimase un problema annoso per diversi decenni, correlato alle frequenti ondate di colera, a loro volta connesse a un sistema igienico-sanitario precario.
L’inquinamento dell’acqua impose, a partire dal 1845, la copertura del torrente dietro suggerimento del conte Francesco Stadion, da cui il nome della Via. Il governatore del Küstenland (Trieste, Istria, Gorizia e Gradisca) va ricordato nella nostra città-porto per l’apporto liberale ante litteram, in contrasto con lo stesso Cancelliere Metternich. Stadion si preoccupò di seguire da vicino le necessità dei territori che governava; dando ascolto alle richieste che provenivano dal basso, senza quella censura che ancora ammorbava la Restaurazione.
A seguito della copertura della “nuova” Corsia Stadion, la Via iniziò ad acquistare valore e non passò molto prima che le vecchie casupole ai margini del torrente venissero sostituite con i palazzi di una (ricca) borghesia in rapida ascesa. Verso la fine della strada il podestà Muzio de Tommasini iniziò, a partire dal 1854, a piantare i primi arbusti di quello che diverrà il Giardino Pubblico.
Proseguendo verso gli incerti confini di Trieste, verso la metà dell’ottocento, i terreni erano per lo più incolti. Spiccava la cosiddetta “casa rossa”, un edificio a quattro piani a lato di Via Zovenzoni e una variopinta collezione di casupole, accampamenti di carovane (circhi, venditori ambulanti, fiere commerciali) e sagre. Sempre in questa zona si tenne la prima Esposizione Artistico-Industriale di Trieste (1868) promossa e disposta dall’Associazione Triestina per le Arti e l’Industria. Oggigiorno viene considerata l’informale “nascita” del sistema museale triestino. Risalendo ancora lungo la via s’incontravano infine i fumaioli di due fabbriche, la mai troppo compianta Dreher e la manifattura di specchi Revel. Infine c’era uno stabilimento di bagni idroterapeutici a vapore e gli uffici della Società della Tramvia. Il tram all’epoca era ancora il vecchio modello trainato da cavalli; pertanto vi erano rimesse per i vagoni e scuderie per gli animali.
I lavori per coprire in via definitiva l’antico torrente proseguirono nel 1863 nella parte bassa, concludendosi nella parte alta nel 1870: come con la Via del Torrente, anche la Corsia Stadion acquisiva pertanto ragguardevoli dimensioni.
All’angolo di Via del Torrente con la Corsia Stadion, Carlo Luigi Chiozza costruì la sua casa dominicale per l’appunto “di là del torrente” (1801). L’architetto Molari riservò speciale attenzione ai portici che tutt’ora recano il nome del suo proprietario; e presto vi si impiantò una “caffetteria” che ebbe uno straordinario successo. A seguito della copertura del torrente e della crescita edilizia nella zona, Chiozza ordinò il restauro dell’antico edificio, arricchito di nuove decorazioni al passo coi tempi (1857). La zona dei portici, specie il Caffè Ferrari, conosceranno dall’ultimo quarto dell’ottocento un interessante paradosso: erano luogo di ritrovo di sovversivi e artisti bohemien; eppure, per la posizione strategica, erano il luogo preferito dalla gendarmeria in caso di sommosse. Solitamente infatti i cortei di protesta partivano dal Teatro Politeama Rossetti e discendevano dalla Via dell’Acquedotto (oggi Viale XX Settembre); e proprio i Portici erano l’ultimo luogo per arginare il corteo prima che s’ingrossasse e, come i torrenti di Trieste, debordasse oltre gli argini di una semplice protesta.
Fonti: Trieste Romantica. Itinerari sentimentali d’altri tempi, Trieste, Edizioni Italo Svevo, 1972
[z.s.]