09.11.2021 – 08.30 – La Costituzione nonché l’OMS sottolineano come il diritto alla salute sia fondamentale per un’esistenza degna per se stessi e per la collettività. Si stima che una persona su due, almeno una volta nella vita, sia colpita da un problema di salute mentale, in maniera temporanea o duratura. Ma la situazione in ambito di prevenzione, cura e soprattutto sostegno è, in generale, purtroppo ancora non sufficientemente adeguata. Andando con ordine, ancora oggi in troppi danno per scontato che per ‘salute’ si intenda prettamente quella fisica sebbene nessun problema della nostra vita possa essere affrontato senza avere una salute mentale adeguatamente forte che ci aiuti a superare le difficoltà; inoltre, in molti ancora credono che la salute mentale riguardi genericamente solo i ‘pazzi’, termine usato impropriamente e, prima della Legge Basaglia, in modo dispregiativo. Ma chi sono i ‘pazzi’ in realtà? Si generalizza per ignoranza e paura, inserendo nel termine indistintamente chi ha problemi di depressione, chi ha problemi di schizofrenia fino ai sociopatici pericolosi. Fortunatamente, oggi, almeno sul piano sociale si sta comprendendo pian piano che questi disturbi possono riguardare chiunque almeno una volta nella vita (dopo la fine di relazioni importanti o dopo aver subìto un lutto) o, per quanto riguarda le persone più sensibili, diversi momenti della propria esistenza.
Per avere un’idea di quanto sia diffuso e importante il problema, basti pensare che già prima del Covid è stato calcolato che a soffrire di disturbi mentali sono ben 84 milioni di persone, mentre 165.000 all’anno sono risultati morti per suicidio o per malattie mentali. Negli ultimi anni, poi, con l’aumento della richiesta di produttività e ‘multitasking’ lavorativo, molti hanno subito il contraccolpo con nuove definizioni di problematiche da stress, come il ‘burn out’. Ma è con il Covid che la situazione è peggiorata in modo drastico: i ricercatori della University of Queensland, Australia, fanno sapere che nel 2020 sono aumentati rispettivamente del 28% e del 26% depressione e ansia, con le donne e i giovani tra i soggetti più colpiti.
L’urgenza di questa situazione fa intravedere una situazione già pregressa di carenza e disorganizzazione nell’ambito del supporto pubblico e nei centri di salute mentale (CSM). Secondo uno studio dell’OMS, nel 93% dei Paesi si sono avute paralisi di uno o più servizi, mentre per il 78% e 75% dei Paesi si è arrivati alla completa o parziale interruzione dei servizi di salute mentale nelle scuole e nei luoghi di lavoro.
Per quanto riguarda la nostra regione, il Friuli Venezia Giulia è sempre risultato uno dei territori della penisola più all’avanguardia sull’argomento: gli utenti che ricevono una visita psichiatrica entro 14 giorni dal ricovero sono l’88,9% (contro una media del 20,1 per cento nel Lazio, del 16,5 in Veneto ecc); per quanto riguarda i Tso ogni diecimila abitanti, ad oggi, la regione ha una media molto bassa dello 0,4%. Il sistema basagliano e la realtà del parco di San Giovanni, con i progetti esterni attuati in collaborazione con le cooperative e le associazioni in loco, sono i veri traguardi raggiunti faticosamente: progetti di danzaterapia o persone come Claudio Misculin (Accademia della Follia) sono la ‘molla’ con la quale poter fare un salto di qualità reale, inserendo le persone in progetti di riabilitazione sociale e diminuzione del farmaco.
Attualmente, però, anche nel nostro territorio vi sono ancora alcune carenze da colmare: in primis, nei vari distretti triestini non c’è più la possibilità di usufruire -come anni fa- di uno psicologo della mutua che aiutava le persone temporaneamente con alcuni incontri a superare i momenti difficili nelle varie sedi di zona. Quando ci si prova a rivolgere agli ospedali regionali o ai distretti, quindi, si viene indirizzati ai Consultori familiari che però non si occupano delle problematiche del singolo individuo (se non in casi particolari) bensì più di problematiche familiari: dopo un primo colloquio (e a volte neanche quello) si viene reindirizzati quindi al CSM. Vien da sé che, molto frequentemente, chi ha problemi d’ansia o di stress minori o temporanei si ritrova in forte difficoltà a frequentare i centri e non avendo disponibilità economica per psicologi privati preferisce lasciar stare, peggiorando e cronicizzando il problema. La struttura difatti può causare timore e blocchi, per paura di essere visti in modo diverso o semplicemente ci si sente catapultati in una dimensione più delicata rispetto alla propria. Per chi ha forza -o disperazione- a sufficienza per andare a cercare aiuto nei CSM, c’è un colloquio con una psicologa -o/e un psichiatra- che, a causa di personale ridotto già prima del Covid, “ti vede raramente e a volte non si ricorda neanche della tua storia” (riportando le parole di un’esperienza personale di un ex utente) e molto spesso la soluzione resta quella farmacologica. Ma anche quando, a volte, si riesce a superare il periodo di difficoltà, i farmaci restano. Da poco, inoltre, l’ASUGI, ha comunicato che nell’area triestina dal 1 novembre avverrà una drastica riduzione d’orario nei CSM di Barcola e Gambini, passando da 24 a 12 ore per motivi di carenza d’organico. Per non parlare, poi, di situazioni ancora più pesanti di altri territori a noi più lontani.
Ci si chiede quindi: se l’OMS definisce la salute mentale come “uno stato di benessere nel quale una persona può realizzarsi, superare le tensioni della vita quotidiana, svolgere un lavoro produttivo e contribuire alla vita della propria comunità.”, perché allora si sta ignorando sempre più la Salute Mentale? Già prima del Covid nei vari centri c’era difficoltà nell’avere un supporto adeguatamente differenziato per tutti, a chi ci si deve rivolgere ora se il personale manca e non si hanno i soldi per cure private? Perché il trattamento riservato ai casi più gravi spesso risulta essere lo stesso anche nei casi meno gravi, preferendo dare la cura farmacologica senza possibilità di una gestione rinnovata e mirata di accompagnamento esterno con un programma di riduzione farmacologica? Ci sono ovviamente casi e casi (si sottolinea che la questione ‘farmaco’ è delicata e come tale è giustamente valutata attentamente e personalmente ndr.) ma frequentemente la proposta in questione arriva lentamente o dal paziente stesso. I Centri di Salute Mentale sono un grande passo avanti rispetto ad altre realtà nazionali ma bisogna fare attenzione a non ‘accorpare’ con la stessa metodologia casi e livelli di malessere diversissimi tra loro. L’obiettivo dev’essere quello di tornare a prendersi cura di sé stessi pian piano con le proprie forze. E per quanto riguarda i ‘matti’, l’obiettivo è anche quello sociale, di accettare veramente la persona per quello che è, non solo se sedata. Come diceva il grande artista Claudio Misculin: “Non sono malato, sono onoratamente matto”. “Il farmaco spegne, come una tenda sugli occhi…blocca i problemi sì ma non li risolve…” dicono alcuni ex utenti. Si ribadisce che il farmaco è sicuramente fondamentale nei casi in cui le persone hanno bisogno di cure fisse, ma moltissimi altri potrebbero farcela con dosi più ridotte o addirittura senza farmaci se la gestione della malattia mentale cambiasse a livello nazionale; una gestione a ‘modello triestino‘, quello originario, che non dobbiamo dimenticare però neanche noi in regione. Una società sana parte dal rapporto che si ha con se stessi e dal rispetto dell’unicità e delle fragilità dell’altro. In sostanza, come dice la scritta disegnata dall’artista Ugo Guarino al parco di San Giovanni di Trieste: “La libertà è terapeutica”.
Non semplifichiamo e allontaniamo, quindi, sofferenze immense ma banalizzate dagli altri solo perché ‘non viste’. Tornando alla questione iniziale: chi sono i ‘pazzi’, quindi? Alda Merini diceva “Ero matta in mezzo ai matti. I matti erano matti nel profondo, alcuni molto intelligenti. Sono nate lì le mie più belle amicizie. I matti son simpatici, non così i dementi, che sono tutti fuori, nel mondo. I dementi li ho incontrati dopo, quando sono uscita”; o forse, come ha detto una volta una ragazza andata e tornata dal confine della pazzia, i pazzi sono solo “unicorni dall’aurea dorata che non vengono riconosciuti in questo pianeta, destinati ad estinguersi senza far rumore”.
[m.p]