23.08.2021 – 10.39– L’Unione Europea non accetterà profughi dall’Afghanistan se non in numeri ridotti e non aprirà corridoi umanitari. È quanto sostiene il premier ultra conservatore Janez Jansa della Slovenia, attualmente a capo della presidente semestrale dell’UE.
Il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan non era stato concordato con gli alleati europei, i quali come da tradizione dei rapporti interni alla Nato e alle forze occidentali, hanno accettato passivamente la decisione statunitense, avviando a propria volta il ritiro di quanto costituiva un tempo, agli inizi del duemila, una coalizione multipartititica che era valsa a rinsaldare i legami oltreoceano, specie dopo il fallimentare “intervento umanitario” durante le guerre balcaniche. Mentre la stampa generalista ha considerato come un unico blocco l’occidente, i giornali di settore hanno distinto nettamente i due continenti; secondo ad esempio World Politics Review (WPR) “la principale reazione [dall’Europa] è una sensazione di essere stati traditi”.
Questo sentimento ora si riflette, a freddo dopo le immagini drammatiche di Kabul e l’ondata emotiva, nella generale preoccupazione per un “2015 bis“, un altro annus horribilis dove l’Unione Europea si riveli nuovamente incapace di gestire il sistema dell’accoglienza e dei flussi migratori. L’Austria era stata la prima, sotto la guida del cancelliere austriaco Sebastian Kurz, a chiudere i cancelli: “Sono chiaramente contrario al fatto di permettere volontariamente l’arrivo di più persone, questo non accadrà durante la mia carica di cancelliere” aveva ribadito Kurz con un’intervista al canale televisivo Puls 24.
“Non sono dell’opinione che dovremmo accogliere più persone. Al contrario”, ha rincarato. “L’Austria ha dato un contributo sproporzionato”, ha sottolineato, riferendosi ai 4500 rifugiati attualmente presenti nella Repubblica austriaca.
Ora è la Slovenia, attraverso le parole del premier Janez Jansa, a confermare una sostanziale chiusura: parole che assumono un certo peso considerando che il paese detiene la presidenza di turno semestrale dell’UE. “Non ripeteremo gli errori strategici del 2015. Aiuteremo solo coloro che ci hanno aiutato durante la missione Nato e i Paesi membri della Ue che difendono i nostri confini esterni” ha dichiarato Jansa ai media serbi. Aggiungendo che “Non è compito della UE o della Slovenia aiutare e pagare per tutti coloro che fuggono nel mondo“.
Posizioni, va da sé, allineate con il Gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia a cui ora si aggiunge la Bulgaria), le cui posizioni anti-migranti troveranno ora nuovo vigore, dopo un periodo che il bersaglio della politica conservatrice del centro-Est Europa aveva preferito scagliarsi contro i gruppi LGBT e i movimenti femministi.
Immediata la reazione dell’opposizione e dei rappresentanti dell’Unione Europea, dal presidente dell’Europarlamento David Sassoli secondo cui “La decisione non spetta a Jansa”, al capodelegazione Pd a Strasburgo Brando Benifei che ha chiesto un’immediata convocazione del premier sloveno di fronte all’aula.
La Grecia ha intanto pragmaticamente costruito un muro provvisorio al confine con la Turchia, la cui economia indebolita dall’inflazione galoppante della lira e da un governo quantomai instabile, guarda a sua volta con preoccupazione all’impatto delle masse dei profughi.
[z.s.]