31.05.25 – 14.00 – In Friuli Venezia Giulia il mercato del lavoro si presenta in ripresa sotto il profilo numerico, ma con segnali meno incoraggianti sul piano della struttura economica e della qualità dell’occupazione. È quanto emerge dall’ultima analisi IRES FVG su dati ISTAT, che evidenzia l’aumento degli occupati, in particolare tra le donne, ma anche la persistente fragilità del settore industriale e un crescente ricorso a contratti temporanei.
Nel 2024 gli occupati in regione sono saliti a 527.500, con un incremento di 7.600 unità rispetto all’anno precedente. Il dato positivo è trainato dall’occupazione femminile, in crescita del 3%, mentre quella maschile si mantiene stabile. Il tasso di occupazione nella fascia 15-64 anni raggiunge il 69,8%, in rialzo rispetto al 66,2% del 2018, ma resta il più basso dell’area del Nordest. Significativo invece il tasso di occupazione femminile, che si attesta al 63,9%, tra i più alti a livello nazionale.
A livello settoriale, la crescita è dovuta soprattutto al comparto dei servizi (esclusi commercio e turismo) e all’edilizia, mentre l’industria continua a mostrare segnali di stagnazione. Un aspetto che preoccupa in particolare in aree storicamente legate al manifatturiero, come il Friuli centrale e l’hinterland udinese, dove la produzione industriale rappresentava fino a pochi anni fa un pilastro dell’economia locale.
Il tasso di disoccupazione regionale scende dal 4,6% al 4,3%, con una lieve flessione che riguarda soprattutto la componente femminile. Migliora anche il tasso di inattività, con 6.100 persone in meno che non cercano lavoro, pur dichiarandosi disponibili. Tuttavia, dietro a questi segnali positivi si nascondono tendenze strutturali che sollevano interrogativi sul futuro del lavoro stabile in regione.
L’industria, un tempo asse portante del Friuli Venezia Giulia, continua a perdere centralità sia in termini occupazionali sia produttivi. Il rallentamento degli investimenti, le difficoltà di innovazione in alcune filiere e la scarsa attrattività per i giovani rischiano di accentuare il declino del comparto manifatturiero, in particolare per le piccole e medie imprese che operano in settori a basso valore aggiunto.
A peggiorare il quadro, si registra una crescente diffusione di forme contrattuali fragili. I contratti a tempo indeterminato segnano un calo dell’8,3%, mentre quelli di apprendistato diminuiscono del 9,7%. In controtendenza aumentano i contratti a chiamata e stagionali, con una crescita rispettivamente dell’11,7% e del 6,1%. Il saldo negativo tra assunzioni e cessazioni a tempo indeterminato, pari a 15.000 posti persi nel 2024, indica una tendenza alla sostituzione del lavoro stabile con forme meno tutelate.
La dinamica salariale riflette queste trasformazioni: aumentano le posizioni con retribuzioni inferiori alla media, in particolare nei servizi e nel turismo. Le disuguaglianze retributive restano marcate, sia in termini di genere sia generazionali, con giovani e donne tra le categorie più penalizzate.
Infine, la questione demografica rischia di complicare ulteriormente il quadro. Tra il 2021 e il 2024, la popolazione in età lavorativa è diminuita di 37.000 unità in tutta la regione e si stima un’ulteriore contrazione di 84.000 lavoratori potenziali nei prossimi 15 anni. A questa tendenza si somma una nuova fase migratoria in uscita: nel 2024 si è registrato un saldo negativo di 15.000 persone, in gran parte cittadini italiani che lasciano la regione per cercare opportunità altrove.
La fotografia scattata dall’IRES mostra un sistema occupazionale in trasformazione: i numeri migliorano, ma a fronte di una perdita progressiva di equilibrio tra qualità, stabilità e settori strategici. In questo contesto, il rilancio dell’industria e del manifatturiero appare cruciale per garantire un futuro solido all’economia regionale, soprattutto nelle aree del Friuli dove il lavoro produttivo è parte integrante dell’identità territoriale.