02.05.25 – 16.00 – Secondo l’ultimo rapporto dell’Ufficio Studi di Confindustria Udine, basato su dati Prometeia aggiornati ad aprile, l’economia del Friuli Venezia Giulia, e in particolare quella della provincia di Udine, affronterà un 2025 segnato da un rallentamento, ma anche da segnali di resilienza, soprattutto sul fronte dell’occupazione e dei consumi.
Dopo un +0,5% registrato nel 2024, il PIL regionale è atteso crescere solo dello 0,4% quest’anno. Una dinamica influenzata dalle incertezze legate al nuovo assetto politico internazionale, in particolare per effetto della politica commerciale restrittiva avviata dagli Stati Uniti, primo partner commerciale della regione.
La provincia di Udine, cuore industriale del FVG, si trova esposta in modo particolare alle ricadute dei dazi americani e della debolezza della domanda tedesca, due fattori che limitano la ripresa delle esportazioni. Dopo il crollo del 2023, l’export è previsto crescere solo dello 0,5% nel 2025, ben al di sotto delle stime di inizio anno (+3,7%). Le prospettive – secondo le stime – miglioreranno nel 2026, con un atteso +3,1%, anche grazie al previsto rilancio dell’economia tedesca.
Le scelte di investimento restano caute. Dopo la crescita del post-Covid, il 27% tra il 2019 e il 2023, nel 2025 gli investimenti dovrebbero calare dello 0,9%, penalizzati in particolare dal rallentamento dell’edilizia residenziale. Il Piano di Transizione 5.0, pensato per stimolare la modernizzazione industriale, si sta rivelando poco incisivo, anche nel territorio udinese, a causa delle difficoltà burocratiche e operative.
Un elemento positivo per l’economia locale è rappresentato dai consumi delle famiglie, che continueranno a crescere (+0,7% nel 2025), sostenuti da un’inflazione contenuta e dal rafforzamento del potere d’acquisto. Questo si riflette anche su alcuni comparti del commercio e dei servizi attivi nella provincia.
Resta stabile anche l’occupazione, con una variazione positiva prevista dello 0,5% nel 2025. In regione si conteranno circa 530.000 occupati, in aumento rispetto ai 527.000 del 2024. A Udine, dove il tasso di occupazione si avvicina al 70%, le sfide restano legate all’invecchiamento demografico e alla necessità di attrarre giovani e lavoratori stranieri per sostenere la produttività locale. Si stima che in regione saranno 70.000 i lavoratori da sostituire entro il 2028 a causa dei pensionamenti.
Nel commentare il rapporto, il presidente di Confindustria Udine Luigino Pozzo ha evidenziato che, pur in un quadro internazionale complesso, “le prospettive offrono importanti segnali di resilienza e opportunità di sviluppo”. Le difficoltà attuali potrebbero diventare occasioni per ripensare le strategie di internazionalizzazione, diversificando i mercati e migliorando la competitività del sistema produttivo locale.
Pozzo ha sottolineato come l’attuazione del piano infrastrutturale tedesco potrebbe produrre effetti benefici anche per l’industria friulana, storicamente legata alla manifattura e all’export. Inoltre, la graduale riduzione dei tassi da parte della BCE e la possibilità di nuovi accordi commerciali tra UE e Stati Uniti potrebbero migliorare le condizioni per l’economia udinese nei prossimi mesi.