05.12.2024 – 17.00 – A quasi cinque anni dalla tragedia che scosse la comunità di Udine, è arrivata la sentenza per la morte della piccola Penelope, la bambina di 7 anni uccisa dal crollo di un’acquasantiera nella chiesa di Santa Chiara a Udine. Il giudice Daniele Faleschini Barnaba del Tribunale di Udine ha condannato a due anni e quattro mesi padre Ioan Marginean Cocis, ritenuto responsabile del tragico evento. Parallelamente, è stata pronunciata l’assoluzione, con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, per Anna Maria Zilli, dirigente dell’Educandato Uccellis, l’istituto scolastico che ospita al suo interno la chiesa teatro del dramma.
La sentenza segna una tappa importante in un caso che ha sollevato interrogativi sulla sicurezza degli spazi frequentati dai bambini. Tuttavia, per comprendere pienamente le ragioni alla base del verdetto, bisognerà attendere le motivazioni, che il giudice depositerà entro 90 giorni.
Era il pomeriggio del 29 novembre 2019 quando, all’interno della chiesa annessa all’Educandato Uccellis, si verificò la tragedia. Penelope, insieme ad altri bambini, si trovava nella chiesa. Prima di lasciare l’edificio sacro, si allontanò dal gruppo, si diresse in uno spazio dove non avrebbe dovuto essere e si avvicinò a un’antica acquasantiera, una struttura in marmo composta da tre pezzi assemblati con malta, risalente al 1664. La piccola si aggrappò al manufatto, ma bastò il suo peso, appena 27 chilogrammi, per far cedere l’ancoraggio. L’acquasantiera vacillò e poi crollò, travolgendola. Penelope perse la vita sul colpo.
L’incidente avvenne sotto lo sguardo di alcuni compagni, ma sfuggì all’attenzione del direttore spirituale presente, che si accorse dell’accaduto solo dopo essersi girato. La tragedia suscitò un’ondata di sgomento e dolore, alimentata da interrogativi sulle condizioni di sicurezza del luogo e sulle responsabilità della sorveglianza.
La condanna di padre Ioan Marginean Cocis si basa sulla sua posizione di garanzia in qualità di custode dell’edificio religioso. Il tribunale ha riconosciuto una negligenza nel non aver adeguatamente monitorato lo stato dell’acquasantiera, un manufatto storico che avrebbe richiesto interventi di consolidamento o, almeno, misure per impedirne l’utilizzo improprio. La fragilità della struttura, accentuata dal tempo e dall’usura, si rivelò fatale in quel momento drammatico.
Per Anna Maria Zilli, invece, l’assoluzione sancisce che non vi fossero elementi sufficienti per attribuirle una responsabilità diretta nella vicenda. In qualità di dirigente dell’istituto, il suo ruolo non comprendeva una supervisione specifica degli aspetti strutturali della chiesa.