16.11.2024 – 10.13 – La manifattura in provincia di Udine attraversa un momento di difficoltà, come evidenziato dai dati del terzo trimestre 2024 raccolti dall’Ufficio Studi di Confindustria Udine. L’indagine, condotta su un campione rappresentativo delle aziende associate, ha rilevato una diminuzione della produzione industriale dell’1,2% rispetto allo stesso periodo del 2023. Rispetto al trimestre precedente, la contrazione è stata ancora più marcata, con un calo dell’8,2%, dovuto anche alla stagionalità estiva.
Le vendite sul mercato interno hanno subito una flessione del 5,6%, un dato più grave rispetto alla riduzione del 2,3% registrata nelle esportazioni. Le prospettive per i prossimi mesi non lasciano spazio a ottimismo: il 63% delle imprese prevede una stabilità, ma solo il 5% confida in una crescita, mentre il 32% si attende ulteriori contrazioni. Anche gli ordini, fondamentali per alimentare la produzione futura, risultano in calo del 4,6% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Nonostante le difficoltà, l’occupazione si mantiene sostanzialmente stabile, con una variazione positiva dello 0,3% rispetto al trimestre precedente. Tuttavia, l’andamento dei principali comparti produttivi rimane complessivamente negativo. La meccanica, settore chiave per la provincia, ha registrato un calo dell’1,6% su base annua, mentre la siderurgia ha subito una contrazione dello 0,2%. Il settore del legno e mobile ha visto una riduzione del 2,1%, mentre l’alimentare e bevande si è fermato a un -2,1%. Tra i comparti più colpiti emergono le cartarie, con un crollo del 7,6%, e la gomma e plastica, che ha perso il 3%. Anche la chimica e i materiali da costruzione mostrano segni di sofferenza, rispettivamente con cali dell’1,9% e del 5,1%.
Secondo Michele Nencioni, direttore generale di Confindustria Udine, le cause di questa frenata sono molteplici. “Il costo del gas naturale, sebbene inferiore ai picchi dell’agosto 2022, rimane tre volte superiore rispetto al 2019 e quattro volte più alto rispetto agli Stati Uniti. A ciò si aggiunge la crisi industriale della Germania, nostro principale partner commerciale, che ha perso oltre il 9% della produzione dal 2019, con pesanti ripercussioni sulle imprese friulane. Inoltre, le normative del Green Deal impongono scadenze ravvicinate, i cui costi gravano su aziende e famiglie”.
Nencioni ha lanciato un appello per un cambio di rotta: “Senza industria non c’è sviluppo né lavoro. Serve una visione chiara a livello nazionale e regionale, idealmente inserita in una strategia europea coerente. Il cosiddetto Piano Draghi offre un modello valido di politica industriale, centrato su investimenti per aumentare la produttività e rilanciare la competitività del nostro manifatturiero, che aveva mostrato grande slancio dopo la pandemia”.
Tra le proposte del direttore generale figura anche una revisione del mix energetico: “Dobbiamo includere il nucleare di nuova generazione come unica strada percorribile per una decarbonizzazione realistica”. Per Nencioni, il rilancio dell’industria friulana non è solo una priorità economica, ma una questione di sopravvivenza per il sistema produttivo e sociale dell’intero territorio.