18.11.2022 – 19.30 – “Abbiamo approvato in via definitiva il ddl per reintrodurre il livello di governo intermedio nello Statuto regionale. Il testo andrà in Aula a gennaio e prevede quelle modifiche statutarie necessarie per riportare le province in Friuli Venezia Giulia. Dopo l’approvazione in Giunta e l’intesa raggiunta al Cal, oggi abbiamo inserito anche un’ulteriore aggiunta dedicata all’abrogazione di disposizioni dello Statuto ormai superate, intervento che costituisce l’occasione per avviare un restyling ‘a diritto vigente’ dello Statuto di autonomia anche in vista dell’importante appuntamento del 2023 ovvero il suo sessantesimo anniversario“.
Lo ha riferito l’assessore regionale alle Autonomie locali, Pierpaolo Roberti, informando sullo schema di proposta di legge costituzionale ai sensi dell’art. 63 dello Statuto regionale di autonomia, avente ad oggetto “Modifiche alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia) in materia di enti locali.
“La proposta, dopo essere stata approvata in via preliminare dalla Giunta regionale, ha ricevuto anche l’intesa del Consiglio delle Autonomie locali (Cal) con solo due astensioni – ha ricordato Roberti -; un’intesa che è espressione da parte del territorio di una mancanza di un ente intermedio per le politiche di area vasta capace di coordinare lavoro e funzioni ad un livello più basso rispetto a quello della Regione il cui compito è quello di legiferare, fare programmazione ma non occuparsi di gestione del territorio”.
Roberti ha rimarcato il percorso compiuto con la richiesta di intesa al Cal: “un atto che non era necessario ma lo abbiamo voluto proprio perché, quando le province sono state espunte dal nostro ordinamento, il voto del Cal non fu richiesto. L’attuale Giunta ha voluto invece richiederne specificamente l’intesa per dare voce alle esigenza delle comunità“. Come ha spiegato Roberti, nel corso della predisposizione della proposta di legge costituzionale per reintrodurre il livello di governo intermedio nello Statuto regionale, si è rilevato che lo stesso presenta alcune norme che in ragione delle riforme costituzionali succedutesi nel tempo non trovano più applicazione. Da qui la necessità di apportare ulteriori modifiche allo Statuto di autonomia in occasione della presentazione della proposta di legge costituzionale.
Fra i principali contenuti dell’impianto normativo vi è la previsione di enti di area vasta ad elezione diretta, intermedi fra la Regione e i Comuni, titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge regionale, ivi comprese quelle attualmente esercitate dagli Edr. “La presente riforma dello Statuto regionale costituisce, quindi, – ha concluso Roberti – l’occasione per togliere dallo stesso alcune norme implicitamente abrogate in attuazione della clausola di maggior favore di cui all’articolo 10 della legge costituzionale n. 3/2001 di riforma del Titolo V della Costituzione”.
“Distruggere è sempre facile, ricostruire è un impegno che si assumono coloro i quali hanno a cuore una causa, un valore imprescindibile che è il bene comune. Ecco perché l’approvazione, da parte della Giunta Fedriga, del provvedimento volto a reintrodurre le province elettive in Friuli Venezia Giulia è la dimostrazione che questa legislatura passerà alla storia, soprattutto nell’ottica di garantire l’autonomia funzionale a un territorio complesso e variegato come quello dell’estremo Nordest d’Italia, come quella che ha saputo tradurre le parole in fatti“. Questo è il commento del presidente del consiglio regionale, Piero Mauro Zanin, alla notizia.
“Le scelte del passato – evidenzia ancora Zanin – rischiavano di cancellare i benefici della specialità che caratterizza e dovrà sempre più caratterizzare la nostra regione. Ora si potrà legiferare, programmare, gestire, attuare e verificare con a disposizione gli strumenti necessari a supportare la vita quotidiana di famiglie e imprese”.
“Dopo la fallimentare esperienza delle Uti, finalmente, anche nella nostra regione ci sarà nuovamente un ordinamento istituzionale logico e lineare, rispettoso del territorio e delle sue peculiarità”. Così Mara Piccin, consigliere regionale di Forza Italia, commenta quanto annunciato nel rilevare che “gridava vendetta che fosse proprio una Regione Autonoma a Statuto Speciale a scegliere di rinunciare agli enti intermedi, che hanno sempre costituito un punto di riferimento molto prezioso come raccordo tra Comuni e Regione e hanno sempre garantito l’erogazione di servizi e l’effettuazione di interventi importanti in settori specifici. Le Province sono state usate come capro espiatorio: a conti fatti, non ci sono stati risparmi ma solo disagi e problemi”. Chiude Piccin: “Bene la decisione della giunta regionale di oggi di reintrodurre gli enti intermedi. Le Province consentono di valorizzare e promuovere i valori della specialità di questa regione e di tenere alta la bandiera dell’autonomia”.
La reintroduzione delle province elettive trova favorevole anche l’esponente della Lega Diego Bernardis, che ricorda come questo fosse uno degli impegni presi dal presidente Massimiliano Fedriga in campagna elettorale. Bernardis esamina poi le conseguenze del ritorno degli enti intermedi: “Oltre all’aspetto identitario c’è anche un non trascurabile fattore economico che consegue alla reintroduzione delle Province. Infatti – afferma Bernardis, che è anche presidente della Commissione regionale competente in materia di enti locali – i contributi, gli aiuti e i sussidi che lo Stato eroga agli enti intermedi, fra cui ovviamente le province, in questi anni sono andati persi in Friuli Venezia Giulia. Grazie al forte impegno e alla volontà dell’amministrazione Fedriga risolveremo un vulnus – conclude il consigliere della Lega – che ha provocato grossissimi disagi nella nostra regione”.
Se la maggioranza si ritiene soddisfatta, dall’opposizione arrivano voci critiche. “Siamo pronti a confrontarci sul tema delle Province ma una cosa è certa: ci opporremo alla loro elezione diretta” è quanto dichiarato dal capogruppo del MoVimento 5 Stelle in consiglio regionale, Mauro Capozzella. L’esponente pentastellato si pone alcune domande: “Quali bisogni dei cittadini saranno chiamati a soddisfare i nuovi enti? Quante ne avremo? Roberti si ispira al modello Trentino con due Province autonome? – si chiede Capozzella -. Dopo anni di annunci, ora abbiamo un testo, che l’assessore e la Lega mettono sul tavolo con perfetta tempestività elettorale.Da parte nostra, cercheremo con tutte le nostre forze di far capire che un moltiplicatore di poltrone non serve a nessuno – conclude l’esponente M5S -. La nostra regione privata di province è già un unicum in Italia, proporne l’elezione diretta significherebbe continuare ad essere diversi, ma dopo svariati e goffi fallimenti, da sinistra come da destra”.
“Così facendo si vuole sopperire alla mancanza di visione strategica del centrodestra sul sistema delle autonomie locali – è invece il pensiero del Partito Democratico, affidato a Franco Iacop – in primis sul riconoscimento di una vera libertà, non solo teorica come invece accaduto, ai sindaci e ai Comuni. Ma soprattutto, quello che è mancato è una visione strategica delle collaborazioni e delle rappresentanze sovracomunali in grado di creare percorsi organizzativi coerenti, come uffici specializzati su specifiche attività, aggregazioni coerenti di area vasta per affrontare e sveltire problematiche sovracomunali, sostegno alla creazione di uffici associati tra enti contigui e omogenei, a partire da segreterie comunali associate. A tutto questo, durante la legislatura che si sta chiudendo, è mancata una risposta proprio per l’assenza di una visione complessiva che ha ceduto il passo a una logica punitiva verso le esperienze precedenti, le Uti in particolare, facendo mancare anche le azioni utili per una reale autonomia dei Comuni. Un passaggio che in precedenza era stato garantito proprio attraverso il superamento delle Province, visione questa condivisa dal precedente Consiglio regionale che approvò senza alcuna opposizione il disegno di legge di riforma dello Statuto. Ora si fa un salto nel passato, venduto però come svolta epocale di autonomia e libertà”. “Questa decisione è frutto dell’egoismo di una classe politica di destra – aggiunge il segretario regionale dem Renzo Liva – che pensa solo a se stessa, a moltiplicare le poltrone. Noi pensavamo meno poltrone, meno sedi faraoniche, meno spese di rappresentanza, più potere ai Comuni, più coordinamento e concertazione. E pensiamo che oggi le urgenze delle famiglie e delle imprese siano altre. Non servono altri presidenti, assessori e consiglieri, perché sono spariti al momento giusto.”.
[c.s.].