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Ius Scholae: in Fvg 6000 studenti potrebbero averne diritto. Dibattito aperto

13.07.2022 – 08.00 – Anche in Friuli e Venezia Giulia e nello specifico a Trieste è giunta l’onda lunga del dibattito sullo ius scholae. La riforma della precedente legge sulla cittadinanza, entrata in vigore il 16 agosto 1992, propone una modifica volta a ridurre il tempo per acquisire questo diritto e insieme permettere l’accesso alla cittadinanza anche ai minori non nati sul suolo italiano. Occorre preliminarmente fare luce su quali siano i cambiamenti contenuti nella bozza dello ius scholae rifacendoci alla legge in questione. Come riportato dal ministero dell’interno, la cittadinanza italiana si acquista iure sanguinis, quindi o se si nasce o se si viene adottati da cittadini italiani.
Attualmente può essere richiesta anche da cittadini esteri maggiorenni che risiedono in Italia da almeno dieci anni in grado di dimostrare di avere redditi sufficienti al sostentamento oltre che l’assenza di precedenti penali.
La nuova proposta di legge ha come obiettivo quello di snellire l’iter di approvazione aprendo ad una platea maggiore di beneficiari, ratificando giuridicamente quella che si configura come una richiesta partita dal basso.
Il testo infatti dello ius scholae, all’articolo 4 comma 2 afferma che “il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età che abbia risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia e che […] abbia frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione […] acquista la cittadinanza italiana”.
Come riportato dall’ Istat nel suo rapporto annuale i futuri beneficiari dello ius scholae ammonterebbero ad una cifra complessiva di 280 mila persone.

Nella fattispecie, in Friuli Venezia Giulia, come riportato dal Piccolo, i futuri aventi diritto alla cittadinanza si aggirerebbero intorno alle 6000 unità.
La proposta ha generato un acceso confronto all’interno della stessa maggioranza di governo. Le fazioni contrapposte vedono la Lega contro il Partito Democratico e il M5S promotori della riforma. Chi è avverso allo ius scholae non la ritiene utile al fine pratico di garantire un effettivo miglioramento nella condizione pratica dei minori esteri richiedenti la cittadinanza, poiché non ci sarebbero davvero dei gap sostanziali tra loro e chi invece è cittadino italiano a tutti gli effetti. Al contrario, i favorevoli puntano sull’integrazione derivante dal senso di empowerment che si genererebbe dal vedersi riconosciuto un diritto che i giovani sentono come già esperito nella vita di tutti i giorni e di cui si vedono negata la ratifica giuridica.
Il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, si è espresso in modo sfavorevole sulla questione ius scholae, ritenendo che “la cittadinanza non sia un processo per integrare ma sia la certificazione di una integrazione avvenuta”.
Dall’altro lato Sull’altro lato della barricata, la consigliera regionale Pd, Chiara de Giau, ha affermato che “con le sue dichiarazioni sullo ius scholae, Fedriga dimostra ancora una volta l’arretratezza dell’ideologia leghista, chiusa ai cambiamenti sociali e al ruolo proattivo che le istituzioni dovrebbero avere nel favorire processi veri di integrazione”.

L’ex presidente della regione Renzo Tondo (Noi con l’Italia) si è smarcato da Fedriga, affermando invece la necessità della discussione dei provvedimenti sulla cittadinanza riconoscendone la bontà e l’utilità sociale.
Di concerto anche il sindacato regionale dei pensionati CGIL Roberto Treu, secondo cui la norma sullo ius scholae non costituisce ancora la riforma del diritto di cittadinanza di cui avrebbe bisogno l’Italia ma che possa rappresentare un primo passo in quella direzione, oltre che un doveroso gesto di civiltà nei confronti dei giovani in attesa del pieno del diritto di essere riconosciuti come italiani a tutti gli effetti.
Il dibattito culturale e politico rimane aperto, quello che sembra certo è lo slittamento del voto sullo ius scholae dovuto alla forte opposizione operata dai contrari alla proposta di riforma.

di Emanuele Rispoli

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