21.05.2022 – 07:10 – Il massacro di Bucha del 4 marzo scorso ha dato la stura a complottismi d’ogni sorta, che vanno dalla strage autoprodotta dagli ucraini alla messinscena. Nella giornata di ieri tuttavia sono emerse nuove prove a sostegno dell’autenticità della versione ufficiale: due video pubblicati dal New York Times in cui si vedono alcuni ostaggi, prossimi all’esecuzione, condotti in fila indiana da soldati dell’esercito russo. Le registrazioni sono state girate da una telecamera di sicurezza e da un abitante della zona e si interrompono prima che i nove ostaggi vengano uccisi. I testimoni raccontano che siano stati condotti in un edificio vicino, dove sono stati poi giustiziati. Il New York Times riporta un terzo video, girato da un drone il giorno successivo, che ritrae una serie di cadaveri abbandonati in un cortile, in cui è identificabile uno dei prigionieri in mano ai russi per via del colore della felpa, di un azzurro brillante.
I video sono l’ultima di una serie di evidenze raccolte dal NYT come da altri giornalisti attivi nella zona, che da inizio marzo ad oggi non fanno che confermare la versione ucraina, a dispetto delle continue smentite da parte di Mosca.
Dagli eventi di Bucha a oggi, il conflitto sembra essersi ridotto alla porzione sud-orientale della Nazione, in cui la situazione evolve lentamente. Le truppe asserragliate dentro la acciaieria Azovstal confermano, per bocca del comandante del battaglione Azov Denys Prokopenko, di aver ricevuto da Kiev l’ordine di smettere di combattere, ragione per cui dall’impianto sono usciti nei giorni scorsi oltre 260 soldati. La decisione di Zelensky di costringere alla resa i combattenti di Mariupol, in seguito acclamati come eroi dallo stesso Presidente, ha fatto molto discutere. Se la loro fine all’interno dell’impianto sembrava infatti segnata, è probabile che non avranno una prospettiva migliore ora che sono caduti in mano russa, accusati di crimini di guerra. Le speranze che potessero rientrare in un eventuale scambio di prigionieri, ventilate nei giorni scorsi, sembrano flebili, mentre si teme la concreta possibilità che vengano giustiziati.
Arrivano tragiche notizie anche da Severodonetsk, nella regione di Lugansk, dove l’esercito russo ha aperto il fuoco contro una scuola in cui si nascondevano centinaia di persone. Ci sarebbero almeno tre vittime stando a quanto riporta ill capo dell’amministrazione militare regionale, Sergiy Gaidai. Inoltre, tra giovedì e venerdì sono stati attaccati oltre 50 insediamenti nelle regioni ucraine di Donetsk e Lugansk, uccidendo 20 civili. Gli attacchi hanno distrutto o danneggiato 105 edifici residenziali e altri 15 obiettivi civili, tra cui un ospedale, un dormitorio, un centro sportivo, un centro commerciale, gli edifici di una banca e un gasdotto. La situazione nella regione di Lugansk e nel Donbass è dunque sempre più critica. Volodymyr Zelensky definisce il Donbass, completamente distrutto dai bombardamenti, “un inferno”. Bombardamenti che proseguono quotidianamente anche contro Odessa e, seppur con meno intensità, contro alcune città dell’Ucraina centrale.