21.04.2022 – 07:10 – Non potendo intervenire direttamente nella guerra, o quantomeno volendo evitare in ogni modo possibile l’escalation militare, l’Unione Europea continua ad agire politicamente con l’obiettivo di destabilizzare il potere economico, e di conseguenza bellico, di Mosca. Così, a quasi due mesi dall’invasione dell’Ucraina, la Commissione Europea sta lavorando al sesto pacchetto di sanzioni, che andrà a inasprire le molte già in atto. Sanzioni che finora hanno portato a un crollo del PIL russo stimato dal FMI intorno all’8,5 %. Che le sanzioni abbiano impattato fortemente sull’economia russa è stato confermato dalla governatrice della Banca Centrale Russa Elvira Nabiullina che, parlando alla Duma, ha affermato che le riserve sono agli sgoccioli e il periodo in cui l’economia può vivere sulle scorte è ormai limitato.
I nuovi provvedimenti della Commissione dovrebbero contenere il blocco alle importazioni di petrolio, di cui la Russia è il secondo esportatore mondiale dopo l’Arabia Saudita. Già da giorni si discute sull’eventualità di chiudere i rubinetti del petrolio russi, misura che sarebbe commisurata alle necessità relative dei diversi stati aderenti. E’ tuttavia già noto che con tutta probabilità l’Ungheria di Orban non aderirà alla decisione.
Oltre alle istituzioni governative a diversi livelli, anche i privati occidentali si stanno muovendo sempre più nella direzione dell’isolamento del mercato russo. E’ notizia recente che dopo Volvo, Mercedes-Benz Group e Volkswagen, anche Stellantis abbia deciso di chiudere lo stabilimento di Kaluga, l’unico del gruppo attivo in Russia, mentre resiste ancora Renault, il cui destino è strettamente vincolato alla controllata russa AutoVaz. Anche la multinazionale tedesca del software Sap, che è ritenuta di fondamentale importanza nella gestione dei sistemi cloud, ha annunciato che abbandonerà il mercato russo.
Come detto in più occasioni, le sanzioni alla Russia hanno conseguenze, seppur minori, anche sull’economia dei paesi europei. Conseguenze che nel caso di nazioni come Italia e Germania colpiscono soprattutto l’approvigionamento energetico. E’ proprio nell’ottica della ricerca di fornitori che possano sostituire la Russia per le importazioni di gas naturale che va inquadrato il viaggio del ministro degli Esteri Luigi Di Maio e di quello della Transizione ecologica Roberto Cingolani in Africa. I ministri, assieme all’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi, hanno visitato ieri l’Angola, mentre oggi si recheranno nella Repubblica del Congo, proprio allo scopo di intessere nuove relazioni economiche. Come fa sapere la Farnesina, l’obiettivo è di “differenziare le fonti di approvvigionamento e di ridurre la dipendenza energetica dalle forniture russe”. L’intento è quello di limitare nel breve periodo almeno del 50% la dipendenza dagli approvvigionamenti di gas russo. A tale scopo, il governo intende espandere i rapporti di scambio con l’Algeria, il Congo, l’Angola e il Mozambico.