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domenica, 20 Aprile 2025

Diritto 4.0: Perseguitata a versi di poesia…e non solo

17.04.2022 – 11.30 – Lui aveva cominciato a farsi trovare all’uscita del centro di abbronzatura, dove la signora lavorava. La attendeva a fine turno per recitarle le composizioni poetiche da lui composte e a lei dedicate. Poi, aveva iniziato a contattarla frequentemente su Facebook, pubblicando foto della donna e rispondendo con frasi offensive alle sue proteste. Quindi, aveva preso a chiedere l’amicizia sul social ai contatti di lei ed a frequentare gli stessi locali, che la signora doveva così disertare. Pubblicava foto del cane della donna, indicava il quartiere ove ella passeggiava. Le portava regali sul posto di lavoro. Apriva dei finti profili a nome della signora, sui quali pubblicava immagini non autorizzate e conversazioni di fantasia tra i due.
Non riuscendo a far desistere l’uomo, la signora si rivolge al Questore che, dopo un’istruttoria, ammonisce l’uomo “… a tenere un comportamento conforme alla Legge, desistendo da ogni atteggiamento persecutorio e vessatorio di qualsiasi genere, espresso anche sotto forma di mera molestia e capace di cagionare … un consequenziale e grave disagio psico-fisico, avendo ragionevolmente indotto già la medesima in un protratto stato di ansia e di paura nel tempo, con annesso mutamento delle relative abitudine di vita”.

Il provvedimento del Questore nasce dal d.l n. 11/2009 che ha inserito nel codice penale l’art. 612-bis, rubricato “Atti persecutori”, che punisce con pena detentiva chi “con condotte reiterate minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. In particolare, “Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all’articolo 612-bis del Codice penale, … la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta.”

L’ammonimento è una misura di prevenzione con finalità dissuasive, finalizzata a scoraggiare ogni forma di persecuzione. Il provvedimento conclusivo (decreto di ammonimento) non richiede l’acquisizione di prove tali da poter resistere in un giudizio penale avente ad oggetto un’imputazione per il reato di stalking, bensì la sussistenza di elementi dai quali sia possibile desumere un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che possa degenerare in condotte costituenti reato. Pertanto, ai fini dell’ammonimento, non occorre che venga raggiunta la prova della commissione del reato, bensì è sufficiente che ci siano elementi dai quali sia possibile desumere, con un sufficiente grado di attendibilità, un comportamento persecutorio che ha ingenerato nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e di paura.

L’uomo reagisce impugnando il provvedimento dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale, sostenendo di essere lui la vera vittima di denigrazione nonché di minacce e di pedinamenti da parte degli amici della signora. Ma il suo ricorso non viene accolto. Infatti, i provvedimenti di ammonimento sono espressione di un potere valutativo ampiamente discrezionale. Al Questore è rimesso il discrezionale apprezzamento in ordine alla fondatezza dell’istanza, al fine di conseguire una ragionevole certezza sulla plausibilità e sulla verosimiglianza delle vicende ivi esposte. Nel nostro caso, la Questura ha verificato la plausibilità e verosimiglianza delle vicende esposte sentendo ben tre testimoni e riscontrando l’effettiva creazione di tre profili Facebook fasulli. Il ricorso, in definitiva, è infondato e viene respinto. (TAR Puglia n. 439-2019/20)

[g.c.a]

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