03.04.2022 – 09.30 – Il mondo sottacqua viene solitamente associato a un’idea di silenzio; eppure, per coloro che lo abitano, i mari e gli oceani risuonano di mille rumori che giocano un ruolo chiave nella sopravvivenza della specie, nella comunicazione e nella riproduzione. Con quell’effetto a catena caratteristico del cambiamento climatico, laddove l’innalzamento della temperatura genera un’accelerazione di cambiamenti già preesistenti, il riscaldamento dell’acqua marina cambierà anche il modo col quale vengono trasmessi i suoni sottacqua. Viaggeranno più lontani e più a lungo; sarà, se vogliamo, un mondo blu molto più rumoroso, con le problematiche ad esse connesse. Proprio l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) di Trieste ha appurato con uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Earth’s Future come il riscaldamento delle acque acceleri la trasmissione delle onde sonore; non solo viaggiano maggiormente lontano, ma persistono più a lungo prima di estinguersi. Tra i rumori veicolati con maggior forza e intensità compaiono proprio quelli umani: dalle grandi navi, alle piattaforme petrolifere, alle attività di pesca e turismo. L’Istituto ha individuato in particolare i “punti caldi” (hotspot) acustici dell’oceano, dove il riscaldamento climatico produrrà una maggiore propagazione del suono. Si tratta di due aree chiave, nel Mare di Groenlandia e nell’Oceano Atlantico nord-occidentale a est di Terranova, in cui potrebbe avvenire il maggior cambiamento che, nell’articolo di Earth’s Future, viene analizzato a 50 e 500 metri di profondità.
Nello scenario di “non mitigazione” delle emissioni di gas serra (quello che l’IPCC definisce RCP8.5) i dati dei modelli climatici proiettano un generale aumento della velocità media del suono entro la fine del secolo su scala globale. In particolare, nelle due aree, l’aumento sarà di oltre l’1,5%, ovvero di circa 25 metri al secondo sia nelle acque superficiali sia alla profondità di 500 metri.
Rimangono ignote le conseguenze per gli animali marini in generale; ma gli studi condotti finora sulla sola balena franca nord-atlantica (Eubalaena glacialis) dimostrano che la loro vocalizzazione (il “canto” delle balene) sarà in grado di propagarsi molto più lontano e per una maggiore durata di tempo.
“Le proiezioni mostrano che l’impatto maggiore avverrà nell’Artico, dove si osserva già un’amplificazione degli effetti del cambiamento climatico” afferma Stefano Salon, ricercatore dell’OGS precisando che “questo non avverrà uniformemente in tutto l’Artico, ma in una parte specifica in cui il segnale del cambiamento climatico, secondo le proiezioni del modello, diventa robusto e supera l’incertezza del modello stesso”.
“Abbiamo calcolato le variazioni di temperatura e salinità sulla base di set di dati pubblici e open per definire lo scenario sonoro del futuro” ha aggiunto Alice Affatati, ricercatrice di bioacustica al Memorial University di Terranova e Labrador (Canada). “La modifica della velocità del suono ha un impatto rilevante e può influire sulla capacità degli organismi marini di nutrirsi, comunicare, trovare compagni, evitare i predatori” ha precisato Affatati.
“Abbiamo scelto una specie di megafauna, ma molti organismi che vivono nell’oceano sono influenzati dalla propagazione del suono” ha evidenziato Affatati, con riferimento al soggetto della ricerca, le balene, precisando tuttavia che “tutti questi hotspot sono, infatti, aree caratterizzate da grande biodiversità”.
Quella pubblicata sulla rivista dell’American Geophysical Union – AGU è la prima stima su scala globale della velocità del suono oceanico legata al clima futuro.
[z.s.]