12.02.22 – 08.30 – É boom di “poesia di strada”. Negli ultimi anni si è diffusa sempre di più la voglia di comunicare attraverso i social, portando poi la comunicazione al di fuori di essi e concretamente nelle città: brevi frasi significative si possono osservare ovunque, dalle serrande alle strutture dismesse, portando il passante a soffermarsi a leggerle e a riflettere. Per alcuni si tratta solamente di un bisogno esasperato di comunicare delle nuove generazioni, per altri invece indica un nuovo tipo di arte ‘ibrida’ minimale che porta a coinvolgere l’altro e ad abbellire la città; si differenzia dalla street art originale e dai graffiti in quanto questi ultimi coinvolgono in primis l’artista stesso tramite l’atto dello scrivere il proprio nome d’arte (tag) e solo successivamente lo spettatore tramite vera e propria arte pittorica e figurativa, in quanto viene data vita alle scritte tramite colori e forme particolari. Per la poesia di strada le cose si sono evolute in modo inaspettato tanto che sono le stesse istituzioni culturali e proprietari di negozi a richiederla e ad apprezzarla. Ce ne parla uno dei ‘divulgatori’ della nostra zona, l’udinese (ma di fiera origine siciliana) Mathias PdS ovvero “Poeta della Sera”.
-Innanzitutto, da dove nasce l’idea della poesia di strada?

Circa dieci anni fa ho partecipato assieme a varie persone provenienti un po’ da tutta Italia ad una riunione tra realtà artistiche a Milano. Qui ho avuto modo di conoscere Ivan Tresoldi e altre realtà riconducibili alla poesia di strada. Abbiamo quindi deciso di continuare nella nostra regione nel 2012 dando vita a Udine all’associazione culturale “Poeti della Sera” con una trentina di giovani felliniani. La priorità alla base per tutti era appunto quella di divulgare la poesia su supporti alternativi, contrari alle logiche del mondo editoriale. Il mercato dei libri ormai è saturo e c’è una svalutazione della comunicazione; a molti non piace il tipo di privatizzazione che porta a dover pagare per trovare poi un editore che ti pubblichi ed alcuni tengono ancora viva questa filosofia, altri invece hanno cambiato idea nel tempo, come me.
-Tu come hai iniziato a scrivere?
Mi sono ispirato a mio padre che scriveva poesie negli anni Settanta quindi mi è sembrato normale farlo a mia volta. Poi ho messo via la carta perché mi sembrava di non riuscire a comunicare ciò che volevo ed avevo difficoltà a trovare un editore che mi pubblicasse in modo gratuito. Ho quindi pensato di diffondere la poesia in modo alternativo. Ovviamente non è possibile scrivere poesie troppo lunghe in ambito urbano, ecco quindi che la poesia si è ridotta a frasi incisive con una composizione breve ma messaggio profondo.
-Alcuni potrebbero obiettare che si tratti di arte illegale..
In realtà nasce come ibrido tra arte illegale ed altre sottocategorie di arte di strada. Sebbene il principio possa partire da un’idea di arte abusiva, sottolineo che chi la fa non va assolutamente ad intaccare palazzi privati, statue e quant’altro. Le scritte sono effettuate dove è possibile farlo legalmente oppure sopra strutture in degrado, e dove consentito. Ti dirò di più: dato che ultimamente questo tipo di poesia ha preso sempre più piede, gli stessi assessori culturali e proprietari di negozi ci chiamano per avere delle scritte. Io, ad esempio, sono stato chiamato da proprietari di edicole che mi chiedono di scrivere sulle loro serrande, oppure con altri ragazzi abbiamo effettuato alcuni interventi tramite richiesta di vari comuni, quindi diciamo che il movimento si è adattato ed ‘evoluto’. Ho poi partecipato al Festival Internazionale della Poesia di Strada a Milano, Roma, Lecce ecc. Infine, ho collaborato con “Stones for future” con i ragazzi del Friday for future per mandare dei messaggi scritti sopra pietre e sassi contro il cambiamento climatico mondiale. Questo è accaduto circa tre-quattro anni fa. Già da piccolino, in realtà, disegnavo sulle pietre del Natisone. Da lì la filosofia di pensiero si è ingrandita. Si sono andati a formare vari gruppi indipendenti come ad esempio “Un sasso per un sorriso”. Sono molto felice che è diventata una specie di moda, perché si tratta di una moda sana.
-Tu però sei uno di quelli che nel tempo ha cambiato idea riguardo l’editoria…
Esatto, ho conosciuto alcuni editori ed ho capito le difficoltà che incontrano loro stessi per sopravvivere economicamente, quindi ho iniziato a prendere dei contatti finché mi sono deciso a pubblicare. Ovviamente ciò che scrivo per le strade è completamente diverso da quello che scrivo nei libri, in quanto più introspettivi. Il primo volume uscito è stata una raccolta di poesie “Fra il silenzio e il rumore”; poi ho scritto un romanzo breve esistenzialista ambientato a Palermo “Finalmente sordo”; infine l’anno scorso è uscito “Sulla bocca di nessuno”, raccolta di poesie scritte in Carnia.
-In cosa si differenzia la poesia di strada dalla poesia social? Cosa vuoi trasmettere con essa?
In verità sono due realtà molto collegate tra loro: senza un mezzo probabilmente non ci sarebbe l’altro. Per quanto riguarda le differenze, la poesia di strada personalmente mi ha arricchito molto in quanto ho potuto scoprire nuove realtà, viaggiare e soprattutto sostenere lotte importanti contro la criminalità organizzata, specialmente in Sicilia, terra alla quale sono particolarmente legato per le mie origini. Personalmente, poi, con questo tipo di poesia mi pongo poi l’obiettivo dell’abbellimento urbano: a Udine, ad esempio, credo di esserci riuscito a portare un po’ di bellezza anche se non sono più l’unico a farlo ma questo è positivo, a mio parere, perché si arricchisce la città di poesia. Altra differenza riguarda il range d’età raggiunto oltre alle diverse classi sociali: si può interessare ad una poesia anche chi di solito non legge perché incuriosito da essa, portandolo quindi a riflettere anche solo per un secondo oppure aprendogli totalmente un mondo nuovo. Ho avuto una grande soddisfazione quando, ad esempio, ho scoperto che due turisti australiani avevano deciso di tatuarsi una mia frase letta su una serranda di una bancarella udinese. Lo scopo principale, però, resta quello di riuscire a sensibilizzare le persone sui problemi reali che ci circondano, in quanto la parola ha un potere eccezionale ma va usata a fin di bene.
[m.p]