03.11.2021 – 08.00 – Corrispondono al 2,7% le imprese esportatrici in Friuli Venezia Giulia che, seppure con una presenza numericamente più contenuta rispetto alle altre, coprono ben il 45,9% del valore della produzione del totale delle aziende del territorio. A rilevarlo è il report promosso dalla Regione tramite lo sportello Sprint Fvg, che analizza il posizionamento del territorio in termini di internazionalizzazione.
Tre i filoni su cui si è concentrata l’analisi: il primo, riguardante la disamina dei flussi di commercio internazionale negli ultimi cinque anni, rimanda a un quadro nel complesso positivo. Un dato per nulla scontato se si tiene conto della crisi pandemica e che, nel caso del Friuli Venezia Giulia, ha visto addirittura un incremento dell’export rispetto alla media nazionale, guadagnando inoltre quote di mercato nel contesto internazionale. Automotive e cantieristica navale sono i settori in cui la crescita è stata più cospicua, a cui si affianca, in misura minore, il comparto tecnologico. Un miglioramento ha riguardato poi anche le aree di destinazione dell’export regionale, con un incremento verso le principali aree di sbocco, con performance migliori negli Stati Uniti, Paesi Bassi e Polonia.
Per quanto riguarda invece le performance delle imprese esportatrici – secondo filone su cui si concentra il report – nel periodo preso in analisi si è registrato un generale miglioramento delle prestazioni economico-finanziarie, superiori a quelle realizzate dal totale delle imprese del territorio, con numeri in linea con la media nazionale.
Il terzo ed ultimo filone riguarda poi le forme di sostegno finanziario all’export e la loro efficacia, tramite una valutazione d’impatto basata su due possibili scenari: il primo che vedrebbe tutte le imprese esportatrici adottare gli strumenti finanziari a sostegno dell’export, ed il secondo che vedrebbe solo il 10% di queste sfruttare i mezzi a disposizione. Nel primo caso, su una proiezione che guarda al triennio 2020-23, l’incremento addizionale sull’export corrisponderebbe al 10,7%; nel secondo caso all’1,6%.
Il report prosegue poi con un’analisi dei flussi IDE (investimento diretto estero, una forma di internazionalizzazione delle imprese riguardante i trasferimenti di capitale da un paese all’altro). Su questo fronte in Friuli Venezia Giulia, alla fine del 2018, erano nel complesso 358 le imprese indigene multinazionali (con joint venture o filiali all’estero); 893 le imprese estere da esse partecipate, con quasi 35mila dipendenti ed un fatturato aggregato pari a 6,8 miliardi di euro. Cantieristica navale, metalmeccanica, prodotti elettrici ed elettronici, legno-arredo e prodotti di gomma e plastica risultano essere i settori manifatturieri con una significativa presenza all’estero; nel caso del terziario spiccano invece logistica, servizi di ingegneria e commercio. Tra le aree di maggiore interesse, sempre sul fronte delle partecipate all’estero, emergono forti legami con i paesi dell’Europa centro-orientale e dei Balcani (settori primari e manifatturieri) più che della media nazionale; un quadro opposto emerge tuttavia nel caso dei paesi dell’Europa occidentale, con dati inferiori alla media italiana.
Per quanto concerne invece gli investimenti in entrata, sempre alla fine del 2018, erano 309 le imprese con sede principale in regione partecipate da multinazionali estere, con 32mila dipendenti e un fatturato di oltre 9,2 miliardi di euro. In particolare, tra le imprese a capitale estero nell’industria manifatturiera spiccano la metalmeccanica e gli elettrodomestici; inoltre, il peso della regione sul totale nazionale appare molto elevato anche nella filiera del legno-arredo. Per quanto riguarda invece il terziario, significativa è la presenza di imprese a partecipazione estera nel commercio, nei servizi di alloggio e ristorazione, nei servizi di ingegneria e nei servizi logistici.
Guardando ai principali investitori esteri, i paesi UE-15 (i “vecchi” membri) pesano per oltre i due terzi del totale in relazione al numero di dipendenti delle imprese partecipate e, se comparato al dato nazionale, più significativo ancora è il complesso delle imprese partecipate da investitori dei paesi dell’est Europa, con 33 aziende e 714 dipendenti.
Un dato, quello sulle imprese partecipate, cresciuto esponenzialmente tra il 2012 ed il 2018, con un incremento del 45,8% (da 212 a 309), una crescita del 34,4% del numero di dipendenti e del 30,7% per fatturato. Nel dettaglio, l’incremento ha visto coinvolti soprattutto la filiera metalmeccanica, l’alimentare e l’elettronica; ma il tasso di crescita maggiore si è registrato nel terziario, nei servizi di alloggio e ristorazione, servizi alle persone e nel commercio. Il 2017 in particolare è stato l’anno in cui si sono registrati il maggior numero di investimenti con ben 42 iniziative e circa 1800 dipendenti coinvolti.
In termini di internazionalizzazione quindi, nonostante le sue piccole dimensioni, il Friuli Venezia Giulia ha del potenziale, e proprio in questa direzione opera lo sportello Sprint FVG che vede Finest quale soggetto esecutore in sinergia con una rete di partner (es. Simest, Friulia, Camere di Commercio). Una sorta di “one stop shop” spiega Luisa Corbelletto di Finest, “uno sportello unico per le aziende per indirizzarle verso gli strumenti per l’internazionalizzazione messi a disposizione dal sistema nazionale, regionale o europeo. Nella moltitudine di strumenti e delle realtà legate al mondo dell’impresa lo sportello ha quindi un ruolo di raccordo. Ciascuno è un tassello di un puzzle che può essere d’aiuto per le aziende”.
In particolare, per la regione il potenziale – espresso ed inespresso – si articola in diversi modi. Dai cluster regionali, come per esempio il legno-arredo e la metalmeccanica, settori di punta come la cantieristica navale, alla politica fiscale, le agevolazioni e la facilità burocratica per le aziende che si insediano nel territorio, la logistica. Ma anche la posizione della regione, crocevia di grandi direttrici, a partire dai Balcani e verso la Russia, unitamente alle realtà industriali che fanno da traino anche all’estero (come ad esempio Danieli). Infine, un significativo elemento di attrattiva, il cui potenziale rimane forse ancora in parte inespresso, è dato dalla propensione del territorio verso la ricerca di base; il passaggio essenziale in questo caso è però il dialogo con le aziende, ovvero l’essere in grado di tramutare le competenze in posti di lavoro, spiega Luisa Corbelletto. “Proprio a livello di Sportello Sprint sono numerosi i contatti in tal senso, per far sì che tutta la parte di ricerca venga messa in relazione con la parte produttiva, cioè che entri in azienda. Soprattutto Trieste e in generale il Friuli Venezia Giulia stanno diventando sempre più un polo di ricerca e innovazione non da poco, in cui l’alta percentuale di laureati e di enti che operano in questo campo, sono divenuti un driver significativo per il territorio. Ma ora bisogna potenziare ancora di più questo trasferimento di conoscenza alle imprese”.
Tutti asset strategici, conclude, ma che non possono prescindere da un importante e fondamentale tema: quello del “fare rete“, anche tra gli stessi enti regionali -e anche tra Regioni, come nel caso del Sistema Nord Est per l’internazionalizzazione, che vede coinvolte Regione Friuli Venezia Giulia, Regione Veneto e prossimamente anche la Provincia Autonoma di Trento su iniziative congiunte per l’internazionalizzazione del tessuto produttivo- verso una direzione univoca, ovvero quella della promozione e dello sviluppo delle imprese del territorio. “Lo Sportello Sprint, al suo massimo potenziale, potrebbe dare una panoramica a 360 gradi su quello che il mercato istituzionale ma anche operativo offre, diventando un soggetto riconosciuto dalle aziende come punto di riferimento unico. Un effetto volano e moltiplicatore, che permetterebbe al Friuli Venezia Giulia e alle sue imprese di svilupparsi, divenendo più forti e competitivi nel mercato internazionale”.
[n.p]