26.10.2021 – 09.00 – Si è svolta ieri, alla presenza dell’assessore regionale al Patrimonio Sebastiano Callari, la conferenza stampa dedicata alla firma del Protocollo d’intesa tra Regione Friuli Venezia Giulia, Ministero della Difesa, Ministero della Cultura,
Agenzia del Demanio, Università di Trieste e Università di Udine per l’”Avvio di iniziative volte a preservare e valorizzare strutture difensive presenti sul confine orientale“.
Presenti anche i firmatari Franco Milan, direttore generale della Regione, i rettori degli atenei di Udine e di Trieste, Roberto Pinton e Roberto Di Lenarda, Alessio Casci, direttore generale per il Friuli Venezia Giulia dell’Agenzia del Demanio e il gen. Giancarlo Gambardella, direttore dei Lavori e Demanio del Ministero della Difesa.
Si tratterà di un piano di intervento volto proprio alla tutela e alla valorizzazione turistica e culturale, nonché al riuso sociale, di questo rilevante patrimonio storico, senza eguali anche a livello europeo. Si tratterà di un piano di intervento volto proprio alla tutela e alla valorizzazione turistica e culturale, nonché al riuso sociale, di questo rilevante patrimonio storico, senza eguali anche a livello europeo.
Un importante momento di unione tra “pubblico e privato, per una pagina di ripartenza per lo sviluppo di tutti” ha sottolineato Callari, parlando della preservazione e della valorizzazione di circa 1550 strutture difensive presenti sul territorio del Friuli Venezia Giulia.
Si tratta dunque di un punto di partenza di un’attività di promozione, nonché di un vasto lavoro di studio, per preservare, e valorizzare, al meglio un patrimonio pubblico nazionale come quello presente sul territorio regionale: si parla infatti di realtà dalla valenza internazionale che, solo nella zona della Carnia e del Tarvisiano, registrano 46 sbarramenti, per un totale di circa 400 opere, degli oltre 300 dei quai era composto in origine il Vallo Alpino del Littorio.
A queste opere si aggiungono oltre 1000 strutture militari realizzate sulla linea del Tagliamento, nella pianta di Gorizia e sulla linea del Torre.
Nel corso della guerra fredda la zona di confine è stata tra le più militarizzate d’Italia: oltre il cinquanta percento del territorio regionale è stato infatti interessato da servitù militari.
Una storia che prosegue poi a partire dai primi anni Novanta, quando la maggior parte delle strutture sono state dismesse, osservando il passaggio di proprietà al Demanio Civile: inoltre, una parte rilevante delle opere difensive del Vallo Alpino del Littorio si trova, ad oggi, in Slovenia e in Croazia, per effetto delle modifiche confinarie a seguito del secondo conflitto mondiale.
Giungendo ai nostri giorni, fino ad ora l’impegno di valorizzazione preservazione di queste realtà era in capo all’iniziativa delle amministrazioni comunali o di associazioni private, registrando il recupero, ad uso turistico e didattico, di quattro strutture: una del Vallo Alpino del Littorio, due del Vallo Alpino e una struttura ‘particolare’, ovvero il bunker San Michele, sto nel Comune di Savogna d’Isonzo.
[c.c]