12.10.2021 – 08.00 – La buona notizia, è che hanno assegnato il Nobel per la Pace 2021 a dei giornalisti. La cattiva notizia è che non sono nella lista dei vincitori. In ogni caso, la mia ammirazione va ai professionisti dell’informazione Maria Ressa e Dmitry Muratov “per i loro sforzi nel proteggere la libertà di espressione, condizione necessaria per la democrazia e una pace duratura”. Ma questa è una rubrica giuridica e dobbiamo parlare di diritto. Dunque, torniamo sul “pezzo”. Il caso di oggi tratta di un ragazzo che, vista una signorina, inizia a correrle dietro. I due si innamorano e lei lo aspetta all’altare. Lui, però, continua a correre, passa la chiesa e scompare all’orizzonte. Sfumate così le nozze, adesso è il turno della promessa sposa di correre. E lo fa inseguire dagli avvocati.
Ora, devi sapere che, nonostante le promesse fatte, in Italia nessuno può essere obbligato a sposarsi. Fino all’ultimo momento, chi non è convinto può salv… volevo dire, può cambiare idea, con la sola conseguenza prevista dall’articolo 81 del Codice Civile, ove è scritto che chi non mantiene una promessa di matrimonio regolarmente fatta, deve rimborsare all’altra parte le spese fatte per il matrimonio. Magari si aveva già ordinato la torta o addobbato la chiesa o comprato l’abito da sposa. Ebbene, sono queste le spese che devono essere rimborsate, mentre non è possibile chiedere alcun risarcimento economico per i patimenti e le sofferenze conseguenti all’abbandono. In ogni caso, gli avvocati della fidanzata raggiungono l’uomo in fuga e lo fanno condannare al pagamento di 3.000,00 euro. Lui non ci sta e, pur di non pagare, si rivolge alla Corte di Cassazione. Come? “Alquanto confusamente”, sono le parole dei giudici. Egli sostiene che l’unione fosse stata ostacolata dalla famiglia della ragazza, che la ragazza fosse incinta e, infine, che la rottura della promessa di matrimonio fosse stata consensuale. Pertanto, ritiene ingiusto dover rimborsare le spese sostenute dalla sua ex fidanzata in vista del matrimonio (acquisto dell’abito e altro). Purtroppo, la “confusione” evidenziata dai giudici colpisce la regolarità degli atti e porta a dichiarare improcedibile il ricorso. Le lamentele dell’uomo cadono nel vuoto. Tra le sue difese, c’era perfino la richiesta di riconteggio dell’importo, perché gli sembrano eccessivi 3.000,00 euro per l’abito da sposa e altre amenità. Ma la scure dell’improcedibilità si abbatte sul suo ricorso e non gli resta che pagare. (Cassazione n. 10926/20)
[g.c.a.]