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sabato, 19 Aprile 2025

I lockdown, i Green Pass e gli introversi: tutto, meno che più facile. Pesanti le conseguenze psicologiche

28.07.2021 – 08.00 – Oggi, le persone guarite, nel mondo, dal Covid-19 sono 177 milioni e 25mila; in Italia, 4 milioni 124mila, mille e cento in più rispetto a ieri. I casi seri sono 182, che corrispondono, in rapporto alla popolazione del paese, allo 0.003 per cento; merito dei vaccini sperimentali? Si vedrà; nel frattempo Massimo Cacciari e Giorgio Agamben, dalle pagine web dell’Istituto italiano per gli studi filosofici, danno una loro opinione sul “passaporto sanitario”, il noto Green Pass, ed è pesante: “La discriminazione di una categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B, è di per sé un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica”.

Del 2021 ricorderemo quindi il Green Pass, e una battaglia per le libertà individuali che purtroppo è diventata bagarre politica fra una destra che, bontà sua, fa la destra e una sinistra che, su questo punto, non fa niente e resta agganciata al contrappeso ellittico di un Movimento 5 Stelle che aveva giurato: “Mai con Mario Draghi“. Quello che ricorderemo invece del 2020, nella speranza di poterlo rimuovere il più rapidamente possibile dalla parte di memoria dedicata alle cose brutte, cercando di far tesoro delle esperienze vissute, è il buio di un mese trascorso, quello di marzo (e anche d’aprile) avvolti dalla luce artificiale di casa propria e dal riflesso delle immagini sullo schermo di una televisione o di un computer. Un piccolo inferno quotidiano, insomma; e tutti, con pochissime eccezioni, abbiamo pensato che quei “pochi giorni” promessi in diretta Facebook da Giuseppe Conte fossero diventati un po’ tanti e che fosse veramente dura. Che non sarebbe finita mai. Che solo i taciturni e gli introversi – i solitari per natura, in poche parole – avrebbero potuto sopportare tutto questo, soprattutto l’isolamento forzato. Lo pensavano i giornalisti, lo pensavano gli opinionisti; non solo in Italia ma in tutto il mondo occidentale. Ritenevano che la sorte peggiore sarebbe toccata alle persone estroverse, costrette in lockdown. A oriente era diverso, “perché diversa è la società” (meno libera; più non si sa); dell’Africa, di solito non si parla (e più di qualcuno non sa rendersi conto che la distanza fra Helsinki e Trieste è un sassolino in un deserto di fronte a quelle fra le capitali africane). Invece, dopo più di un anno, non è così: sono proprio i solitari “per natura” a dichiarare di sentirsi molto meglio ora che, passaporto qua passaporto la’, ci è consentito camminare di nuovo e partecipare a un concerto di musica rock senza che qualcuno, alla nostra vista, cambi marciapiede come se si fosse nel meridione degli Stati Uniti e nel 1954.

A chiederci di non dire e scrivere cose dell’altro mondo mentre pensiamo che chi è sempre sereno e allegro, e incapace di star da solo, sia quello che soffre a causa delle misure sanitarie, ci avevano provato gli psicologi, sottolineando come gli introversi, alla fine, l’avrebbero pagata più di tutti, e in maniera inversamente proporzionale all’età: ai bambini più piccoli e tendenzialmente più chiusi sarebbe andata molto peggio che agli altri, e all’altro estremo della forcella ci sarebbero stati i più anziani, bisognosi di tutto tranne che d’isolamento. Così come gli anziani e i bambini, anche estroversi e introversi, per definizione, stanno agli estremi. Se ti chiedono: “Preferisci limitare i tuoi contatti sociali a poche persone selezionate”, e rispondi ‘assolutamente sì’, sei un introverso (la domanda che lo psicologo fa, naturalmente, non è una sola); se rispondi “mi piace moltissimo andare alle feste e scherzare con tutti” sei un estroverso. La maggioranza di noi è un po’ di tutti e due. Un introverso non è necessariamente un timido: gli introversi preferiscono fare le cose da soli e non amano gli appuntamenti, ma possono avere molta facilità a socializzare, mentre un timido magari può avere fortissime difficoltà a dire “ciao” a una ragazza eppure ama tantissimo stare in mezzo alla gente e fare cose assieme a molte persone. Gli introversi escono esausti dagli eventi sociali e se ne vanno in vacanza da soli; gli estroversi gli eventi li cercano, li trovano stimolanti, e non amano la solitudine di una passeggiata. Sembrerebbe normale, quindi, pensare che per un introverso, i lockdown del 2020 e di inizio anno (le “regioni arcobaleno”) alla fine non siano stati gran cosa. Eppure, non è così. Socializzare è un bisogno umano fondamentale (ecco perché mettere di fronte a un individuo la scelta fra libertà e salute è un orrore etico); tutti abbiamo bisogno di stare con gli altri, anche, e si potrebbe dire soprattutto, gli introversi.

Un introverso tende a provare le emozioni in modo molto forte, e ha più difficoltà a regolarle e ad adeguarsi a situazioni nuove. Nella pandemia, quindi, sono risultati i soggetti più fragili. Come può essere, visto che già normalmente preferiscono stare da soli? È ben diverso poter scegliere cosa fare e quando farlo in modo indipendente a seconda del proprio umore, tipico comportamento di un introverso, rispetto a trovarsi chiusi in casa e obbligati a comportarsi in una certa maniera. Uno studio svizzero condotto online su 466 partecipanti fra marzo e aprile 2020, pubblicato poi nell’ottobre sempre dello scorso anno, conferma l’incapacità degli introversi ad affrontare meglio il lockdown: gli estroversi sono stati capaci di utilizzare proprio Internet e i Social network per vivere al meglio i momenti più duri, cercando di superare ansietà e depressione, mentre gli introversi sono rimasti isolati e, come conferma un secondo studio australiano, hanno vissuto i lockdown molto peggio; la stampa anglosassone ha riportato come giunto alla stessa conclusione anche uno studio canadese pubblicato nel maggio di quest’anno. Via via che le nazioni riaprono alla possibilità di viaggiare e incontrarsi, quello stesso Social network che era stato rifugio iniziale degli estroversi in cerca del mantenimento dei contatti è diventato palcoscenico di post che manifestano il piacere di persone più introverse per la ritrovata opportunità di incontrarsi faccia a faccia e di chiacchierare all’aperto. E la soddisfazione per poter metter finalmente da parte le chat, gli incontri video e lo “smart” working (cosa alla quale le aziende, ma per motivi ben diversi da quello sanitario, difficilmente rinunceranno; però almeno ci si può provare). Per ritrovare l’equilibrio ci vorrà tempo, e certamente la pandemia, le scelte e anche gli errori non sono ancora alle spalle, ci vorrà con ogni probabilità ancora un inverno e se ne riparlerà nel 2022: l’aver dimostrato, anche con gli studi comparativi, quanto male si stia con la mente stando in casa, e a quali disastri sui risultati della formazione e sulla crescita stessa dei bambini possa portare chiudere le scuole, forse ci aiuterà a non ripetere errori. Anche se per una generazione di ragazzi è troppo tardi.

[r.s.]

Roberto Srelz
Roberto Srelzhttp://www.centoparole.it
Giornalista pubblicista. Direttore responsabile Trieste All News.

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