25.07.2021 – 10.37 – Sta facendo il giro del web e dei gruppi Facebook della città di Trieste, la notizia circa l’avvistamento di una razza nella zona antistante la spiaggetta tra il terzo ed il quarto topolino, sul lungomare di Barcola, da parte di un bagnante. L’animale, avvistato a circa 40 metri dalla riva, “si spostava lento e grazioso assieme ad altri pesci sul fondo del mare” ha scritto il triestino sui social. “Le sue dimensioni erano importanti – ha continuato – con un’apertura alare di un metro circa e una coda altrettanto lunga” – ha concluso. Purtroppo il nostro concittadino per ovvi motivi non recava con se il telefono cellulare quindi è stato impossibile poter scattare una foto dell’affascinante abitante dei mari; tuttavia, ha deciso di postare un’immagine presa dal web di un esemplare di razza molto simile a quella da lui avvistata che, ad ogni modo, non è una razza comune ma bensì un Trigone (Dasyatis pastinaca), specie particolarmente pericolosa per la salute dell’uomo in quanto solita a mimetizzarsi sul fondale e pronta ad utilizzare i suoi aculei velenosi in caso avvertisse una potenziale minaccia. Per comprendere di più sulla questione abbiamo contattato la sede dell’Area Marina Protetta di Miramare la quale ci ha spiegato che, nonostante ci sia la possibilità di avvistare trigoni anche nel Golfo di Trieste, area con fondali prevalentemente rocciosi piuttosto che sabbiosi, con molta probabilità quello del bagnante è stato l’avvistamento di un’Aquila di Mare (Myliobatis Aquila) un pesce che popola le acque del Mar Mediterraneo e le coste dell’Adriatico. Come la razza, con cui condivide una certa somiglianza data dal tipo di scheletro cartilagineo, appartiene alla famiglia delle Myliobatidae. Si tratta di una specie costiera piuttosto comune che vive a basse profondità piuttosto che in mare aperto e spesso ama nuotare a livello della superficie. Storicamente, – hanno rassicurato dal BioMa – l’Aquila di Mare non rappresenta un pericolo per l’uomo; tuttavia, se l’animale viene particolarmente infastidito, è pronto a colpire il “nemico” con il suo aculeo posto alla base della coda in grado di iniettare veleno e provocare una ferita lacero-contusa. I conseguenti sintomi, in genere, consistono in gonfiore e dolore localizzati che aumentano d’intensità col passare del tempo e possono durare dalle 12 alle 48 ore. Possono essere avvertiti sintomi di estrema debolezza, senso d’angoscia e nausea, ma anche vomito, diarrea e collasso per vasodilatazione. Il punto del coropo nel quale si è stati colpiti può scolorarsi e andare in necrosi. Il principio tossico del veleno dell’Aquila di Mare, infatti, è rappresentato da una cardiotossina di natura proteica e termolabile. Per questo motivo, oltre alla normale disinfezione ed eventuale sutura della ferita, gli esperti suggeriscono di immergere la zona colpita in acqua calda o di applicare impacchi caldi.
[g.t]