10.05.2021 – 14.38 – Il gossip che dipinge da qualche giorno le pagine dei magazine d’oltreoceano è quello su Bill Gates: per la precisione, Melinda e Bill. La coppia un tempo più ricca del mondo ma ancora indubbiamente ben alta nella classifica di chi non deve pensare a come si arriva a fine mese, indistruttibile, inossidabile, si disintegra e l’annuncio arriva via tweet (che tristezza, un tweet). Trieste, capitale italiana dei single, del resto queste cose le vive ogni giorno, da decenni: Bill e Melinda non potrebbero che essere i benvenuti a casa nostra, magari l’una con una dependance a Duino e l’altro con un terrazzo a vasca sopra Miramare. E sono sempre di più le coppie sopra i cinquanta o sessant’anni d’età a spezzarsi. È la routine a uccidere, in proverbiale modo, il matrimonio, e potremmo dire più in generale la coppia – visto che di matrimonio, specie dalle nostre parti, si parla poco o mai dopo aver di fatto sostituito le parole “fidanzata” o “fidanzato”, “marito” e “moglie” con un più politically correct “compagno/a”, quasi che a usare i vecchi modi di dire si provi vergogna? È il fatto che, dopo tanto tempo passato assieme, si conoscano perfettamente i vizi e le virtù dell’uomo o donna con cui mangiamo, ci sediamo sul divano, dormiamo e facciamo (sempre meno) l’amore, a farci stancare l’uno dell’altra?
È stato facile per diversi anni dire così, quasi a giustificarci e a ricordarci che “il coglier l’attimo” è la cosa più importante; eppure il lavoro continuo di psicologi e terapeuti di coppia, e le indagini statistiche fatte, dicono che così non è, e che, se così fosse, un matrimonio o una vita in comune finirebbero tutte al massimo quando si è arrivati ai cinquanta. E invece ci si lascia sempre più spesso prima dei 30, raggiunti i 40, ai 50 e anche ai 60: l’età non conta più, e neppure l’aver figli. Un tempo, si rimaneva assieme anche all’interno di una non perfetta felicità proprio per non rompere quella routine di cui abbiamo paura, quel senso di familiarità o protezione che un rapporto di coppia dava: in due si era più forti, e le difficoltà della vita si affrontavano meglio, specie con il passar degli anni. Oggi, la percentuale di divorzi dopo i cinquant’anni è invece raddoppiata, e non è un caso solo italiano o solo tedesco o solo francese: riguarda tutta quella parte di mondo che, se fossimo in geopolitica, si definirebbe “Occidente”.
Perché succede? Le coppie non sono più coppie che, come accadeva prima, “scoppiano”, o semplicemente si trascinano. Cessano, per una decisione che è sempre più femminile che maschile, semplicemente di esser coppie. Molte donne (sono le donne, ora, a scegliere di “voltare pagina”) spiegano di essersi sentite a un punto di svolta, di aver avuto il bisogno di vivere in un modo nuovo, fatto un po’ a capitoli: magari senza voler per forza escludere completamente il compagno di mezza vita dalle pagine che intendono scrivere in futuro, ma immaginandosi con un nuovo partner. E immaginando, per il partner delle pagine precedenti, una vita altrettanto nuova, e augurandogli, con sincerità, altrettanta felicità: in fondo la vita è breve e se le cose non vanno bene, perché perder tempo prezioso per tutti e due.
È l’uomo a trovarsi, però, in questa nuova concezione della vita dove i ruoli di prima non si sono neppure invertiti ma sono semplicemente scomparsi, a disagio: può, è vero, saltellare fingendosi un eterno ballerino di tango o un bon vivant, ma le cose, per lui, funzionano peggio, specialmente se è di mezza età. L’emozione del rapporto con una compagna di vent’anni più giovane, caso sempre più frequente, potrà è vero ravvivare per un po’ quel fuoco spento, far riscoprire l’amore in quel gusto che aveva proprio a vent’anni; nella consapevolezza, condita d’illusione, di una durata presumibilmente breve. Che fare del resto, di fronte a una prospettiva di vita nella quale una donna, neppure la più amata, non è più una presenza che ci sarà per sempre? Strano scoprire che proprio quegli uomini eterni conquistatori, incapaci di fermarsi in un solo porto, perdono invece la bussola e non sanno più che fare nel momento in cui è la donna a prendere in mano il timone. Un vecchio adagio diceva: “Togli agli uomini i bordelli e il servizio militare, e non avranno più di che parlare”; da questo il passo all’uomo che ha passato l’età della maturità da un pezzetto, e ancora non sa che il paese dei balocchi s’è perso per strada, è breve. E quella tradizione fatta del non dire a nessuno che le cose, a casa, non andavano bene, se non all’amica o all’amico più fidato – lamentandosi di quanto poco sesso si facesse con quel marito che avrebbe dovuto essere prima di tutto maschio, o di quanti soldi spendesse la moglie alla boutique – non esiste più. Al posto dell’amico al bar o della donna del terrazzo vicino ci sono una chat su Facebook o Whatsapp, con in più un bel messaggio vocale lungo tre minuti o sei (monologo a esaurimento memoria), e di insoddisfazione si parla subito e senza filtri, niente tabù: paure finite, e tutto si fa e si disfa quasi a colpi di click. E se il click è quel qualcosa al quale il ragazzo e la ragazza nati dopo il 2000 danno il giusto peso (ovvero: quasi nulla), non è così per la “Generazione X”, che sembra oppressa da una voglia continua di reinventarsi anche quando non ce n’è bisogno, compreso il reinventare il partner, e che ha trasmesso quest’angoscia ai propri figli, ora trentacinquenni. Oggi le relazioni uomo-donna vivono alla stessa velocità di Internet: in tempo reale. Ed è una cosa nuova. Se poi sia una cosa buona, o se non lo sarà affatto, lo vedremo fra vent’anni. Quella di essere in un epoca, in un secolo nuovo in cui in fondo ormai si vive più a lungo, e a sessant’anni ci si sente più che mai giovani, è una mezza bugia e tre quarti.
[r.s.]