14.04.2021-17.39 – La carenza di medici di base è una problematica da tempo presente tanto a Trieste quanto in Friuli Venezia Giulia nel suo complesso. Il progressivo allungarsi dell’età media impone un ulteriore aggravio al sistema ospedaliero, la cui prima linea rimangono pronto soccorso e medici di base; eppure nel contempo le nuove leve della sanità si orientano verso le specializzazioni, maggiormente gratificanti sotto il profilo professionale.
La situazione, a fronte dei futuri pensionamenti, è destinata ad aggravarsi; un quadro da inserire per altro nell’emergenza pandemica in corso.
Attualmente, come informa la Regione stessa, i medici di medicina generale operativi sono 1076, di cui 786 in assistenza primaria (17 con incarico provvisorio), 276 in continuità assistenziale (72 provvisori) e 17 per emergenza sanitaria territoriale. Vi sono 307 medici a prestare servizio in Asugi, 486 in Asufc e 283 in Asfo. Per quanto riguarda invece i pediatri, dei 119 in servizio, 35 operano in ambito di Asugi, 49 in Asufc e 35 in Asfo.
Tra il 2020-2030 è stato stimato che andranno in pensione 471 medici di medicina generale: quasi la metà di quanti sono in servizio; tra questi 154 nel territorio di Asugi, 200 in quello di Asufc e 117 in Asfo. Altrettanto vale per i pediatri: saranno 48 coloro che andranno in pensione di cui 15 in Asugi, 19 in Asufc e 14 in Asfo.
La problematica è stata affrontata dal vicegovernatore del Friuli Venezia Giulia con delega alla salute Riccardo Riccardi ieri durante la Terza commissione consiliare, ai lavori della quale hanno partecipato anche il presidente dell’Anci regionale Dorino Favot e il presidente regionale della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri Guido Lucchini.
“La nostra società – ha detto Riccardi – grazie alle ricerche scientifiche da un lato è composta da persone sempre più anziane, ha un numero sempre maggiore di cronicità, conta su un numero sempre minore di posti letto e una maggiore domiciliarità. Dall’altro vede crescere sempre più il numero di medici specialisti e ridursi quello di medici di medicina generale. Gli strumenti che la Regione ha a disposizione per intervenire in questo ambito sono limitati in quanto i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta non sono dipendenti del Servizio sanitario regionale ma liberi professionisti incaricati di un pubblico servizio. La giurisprudenza ha inquadrato il rapporto di lavoro tra il medico convenzionato e il servizio sanitario nazionale come lavoro para-subordinato, giuridicamente caratterizzato da una collaborazione coordinata e continuativa”.
“L’avvento delle specialità – ha aggiunto Riccardi – ha determinato una maggiore attrazione dei giovani laureati in medicina verso questo settore, riducendo di conseguenza quanti invece si dedicano alla medicina generale. Il nostro compito deve essere quello di creare le condizioni affinché i giovani continuino invece a scegliere questo importante comparto. In tal senso vanno ad esempio il raddoppio delle borse di studio che abbiamo fortemente voluto ma anche i supporti per coloro che svolgono il ruolo di tutor per i medici tirocinanti”.
Il vicegovernatore ha posto poi in risalto la necessità di intervenire a favore di coloro che decidono di svolgere la professione nelle aree marginali della regione. “Dobbiamo mettere in campo – ha detto Riccardi – strumenti che siano in grado di attrarre i medici nelle zone in cui è oggettivamente più complicato svolgere questo tipo di attività, creando le condizioni per agevolare i professionisti rispetto ai colleghi che invece operano in zone molto più centrali. La ricerca degli strumenti più adatti e della flessibilità per venire incontro a queste esigenze è però spesso condizionata dalle regole dell’accordo collettivo nazionale, che è un vincolo molto forte da poter scardinare”.
[i.v.]