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mercoledì, 16 Aprile 2025

Friuli-Venezia Giulia, alle radici delle comunità ebraiche

10.04.2021-14.19 – I ghetti e le sinagoghe di Trieste, Gorizia e Gradisca. Le altre sinagoghe a Ontagnano, San Daniele, Udine. Poi i cimiteri e i musei. Sono testimonianze dell’importante e antica presenza delle comunità ebraiche nel Friuli-Venezia Giulia. Si ha notizia di una sinagoga data alle fiamme già in epoca romana.

Il primo documento ufficiale – un atto notarile – che attesta la presenza di una comunità ebraica a Trieste è del 1236. L’istituzione del ghetto è del 1684. Dopo le persecuzioni durante l’ultimo conflitto – nella Risiera di San Sabba sono stati deportati 710 ebrei – oggi la comunità ebraica della città conta circa 700 membri. Nella sua storia, la presenza, tra gli altri, di Umberto Saba e Italo Svevo.

La presenza delle comunità a Gorizia e Gradisca è attestata dal XVI secolo. Nel 1698 fu istituito il ghetto a Gorizia, dove nel 1850 gli ebrei erano 314. A Gradisca la comunità non ha mai superato il centinaio di membri.

La storia dell’ebraismo italiano, radicato in tutto il territorio nazionale, copre ben due millenni. Dimostrazione che le esperienze di questa comunità, tra le più coese e longeve al mondo, fanno strettamente parte del patrimonio sociale e culturale del nostro Paese.

Nel suo lungo cammino, la civiltà ebraica ha conservato anche in Italia forti elementi identitari: ad esempio la coesione sociale, la propensione al commercio, il profondo legame con Gerusalemme, l’unicità del Dio ebraico, la censura dell’idolatria, le rigide prescrizioni alimentari, l’osservanza del sabato, spesso considerato una specie di privilegio per le implicazioni nella vita lavorativa e militare. Un ampio ventaglio di peculiarità che invita all’approfondimento storico, in quanto raramente in un popolo c’è tanta stretta interconnessione tra il lontano passato e il presente.

Si ha conferma di questa sovrapposizione tra epoche storiche differenti nelle pagine del libro “L’edera e la stella”, appena edito da Herkules book, scritto dal professor Salvatore Russo, docente della cattedra di Greco presso la Pontificia Università Urbaniana e recensito da Unsic.

Nelle 318 pagine del volume emerge in modo netto questo unicum delle comunità ebraiche, che ha finito non solo per contrassegnare gruppi tendenzialmente arroccati alla vita intorno alle sinagoghe, ma anche per riproporre nel tempo analoghi problemi, come il contrasto interno tra l’assoluta fedeltà agli insegnamenti dei padri, con l’isolamento e le angherie quale frequente esito, e la strada all’integrazione, con il conseguente rischio di liquefare il ricco patrimonio valoriale.

Proprio questo dualismo tra la strenue difesa delle tradizioni e la scelta dell’annessione culturale fa da filo conduttore alla ricerca del professor Russo che si concentra in particolare sulle fasi embrionali delle diaspore, con specifica attenzione all’importante comunità giudaico-ellenistica insediata per 400 anni ad Alessandria d’Egitto, tra il II secolo avanti e dopo Cristo, dove sono già presenti tutti i fattori caratterizzanti la successiva storia ebraica fino ai nostri giorni.

L’analisi dell’autore è rigorosa e approfondita sin dall’utilizzo delle fonti riportate in lingua originale (greco e latino) e tradotte dall’esperto studioso in italiano: i quattro libri dei Maccabei, la Septuaginta (la prima traduzione dell’Antico Testamento in lingua straniera, il greco), le opere di Strabone (60 a.C.-21 d.C.) e i quattro testi dell’uomo d’armi Tito Giuseppe Flavio (37-100 d.C.), orgoglioso ebreo e cittadino romano.

Dalle pagine del volume emerge innanzitutto il travaglio legato alla terra palestinese, cruciale per i commerci internazionali e quindi da sempre oggetto di appetiti, costringendo gli ebrei a continui esodi. I primi già durante la conquista babilonese della Giudea, poi nel corso del regno di Tolomeo I fino all’imperatore Vespasiano che, radendo al suolo Gerusalemme, darà origine ad un’interminabile esodo.

Le diaspore interessano direttamente l’Italia, dove risiedono ebrei già dal II secolo avanti Cristo, quando dalla Giudea giunsero a Roma numerosi mercanti, artigiani e studiosi, a cui si aggiungeranno, a più riprese, i prigionieri di guerra. Nel secoli seguenti, rilevanti comunità ebraiche si sono insediate prima nel Nord Italia e poi in tutto il Mezzogiorno, ben accolte da arabi e normanni, malviste dalla chiesa. Nel XIV secolo, su otto milioni di italiani vi erano già oltre 40mila ebrei, presenza rimasta costante fino ai giorni d’oggi. Ecco come l’attualità e la storia tornano a sovrapporsi.

L’autore del libro “L’edera e la stella” focalizza l’attenzione sul cruciale incontro tra l’ebraismo e l’ellenismo, che matura con la crisi della Grecia classica e le conquiste egemoniche di Alessandro Magno dal Nilo all’Indo fino alla presa dell’Egitto da parte di Roma (Cesare, Marco Antonio e Ottaviano): le città greche, conservando il ruolo di guida culturale, determinano un osmosi tra l’ellenismo e la millenaria cultura egiziana, ponendo gli ebrei di fronte al solito dilemma tra l’adeguamento al nuovo mondo, con la strada obbligata dell’integrazione, e il suo rifiuto, con la scelta dell’isolamento, ma anche dei conflitti interni e delle persecuzioni. L’approfondimento di questo periodo è cruciale per comprendere la successiva storia ebraica, fatta di avvicendamenti tra tolleranza, oppressione e diaspore.

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