09.04.2021-12.53 – Un appello per il suo ragazzo, ma anche per tutti i cittadini che si vedono rinviare cure e riabilitazioni a causa del blocco ospedaliero causato dal coronavirus, quello lanciato ieri dalla friulana Nadia Fileccia dopo il coinvolgimento di suo figlio ventiseienne in un incidente stradale. Un giovane ora bisognoso di una riabilitazione intensiva.
Il 21 marzo, il ragazzo è stato vittima di un grave incidente e da lì è iniziata la lunga trafila, ha rotto il bacino e l’acetabolo che è un punto delicatissimo. Per 90 giorni è impossibilitato non solo a mettere il piede per terra ma è anche costretto a letto. L’altro ieri è arrivata la chiamata dal reparto di ortopedia di Udine, dicendo a Nadia che il figlio o tornava a casa, con il ragazzo ancora immobilizzato e con grossissimi problemi di riabilitazione, oppure poteva essere trasferito in una RSA, posto di riabilitazione e recupero per anziani ma, non sufficientemente attrezzato per un certo tipo di riabilitazione specifica ed intensiva. La madre del ragazzo sperava di poterlo portare al Gervasutta, struttura specializzata e riconosciuta per il recupero di situazione gravi in ambito ortopedico. A quel punto, disperata, ha pubblicato un post su Facebook da cui sono partiti tantissimi spunti e chiamate, il post in poche ore ha raggiunto migliaia di persone. Il messaggio, dichiara la Sig.ra Fileccia, non è fine a sé stesso e circoscritto al proprio caso, ma vuole essere un appello che rappresenti la voce di tutti coloro che in questo momento necessitano di cure al di fuori dell’ambito Covid e tumori, unica area in cui sono stati permessi alcuni interventi urgenti.
“Il diritto alla salute è inalienabile per mio figlio e per tutti quanti. – dichiara Nadia- Non poteva essere gestito a casa perché ha bisogno di una fisioterapia intensiva, massiva e non certo una domiciliare con i tempi del covid e i risvolti tecnici. Non ci sono malati di serie A e malati di serie B”.
In seguito al post pubblicato, nel pomeriggio, un’altra madre ha postato sulla sua pagina Facebook di aver ricevuto la chiamata dal direttore del Gervasutta dicendo di aver trovato un posto per il giovane 26enne. In seguito alla splendida notizia la donna ha scritto su Facebook “Grazie a tutti, uniti si vince e si arriva fino a dove si comanda e si decide”.
Nadia Fileccia è stata fortunata, ha preso in mano la situazione e nella disperazione più totale ha provato il potere di Facebook, ma ci voleva un post su Facebook per fare in modo che suo figlio ricevesse le adeguate cure mediche? E tutti i bisognosi di cure che Facebook non lo sanno o non lo vogliono usare, quanto dovranno aspettare per essere considerati prima che alcune di queste situazioni si aggravino in modo irreparabile?
[l.f]