10.02.2021-07.57. “Si tratta di un emendamento che rivolge l’attenzione alle piccole e medie filiere agricole del nostro territorio regionale, con l’obiettivo di creare redditività e valorizzare quelle produzioni che sono radicate in Friuli-Venezia Giulia e che vi restano per lavorare, produrre ricchezza e occupazione.
Il comparto agroalimentare della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia tutt’oggi si appoggia su di una serie di Assetti produttivi storici e profondamente radicati nel territorio, tra questi il settore zootecnico e quello lattiero-caseario sono sicuramente i più importanti.”
Dichiara Alberto Budai (Lega), primo firmatario dell’emendamento collegato al disegno di legge n.123 “Disposizioni per la modernizzazione, la crescita e lo sviluppo sostenibile verso una nuova economia del Friuli Venezia Giulia (SviluppoImpresa)” e approvato a maggioranza.
Il consigliere regionale e l’assessore Stefano Zannier stanno lavorando per la valorizzazione e specializzazione delle filiere locali a rafforzamento dei legami con il territorio. L’idea della filiera nasce dall’esigenza di permettere ad attività produttive che, singolarmente hanno costi troppo alti per poter sopravvivere, di associarsi con altre realtà che supportino il ciclo produzione-trasformazione-commercializzazione.
Per aiutare l’attività commerciale , “con l’emendamento presentato dal sottoscritto – continua l’esponente del Carroccio – si evita qualsiasi dubbio interpretativo della suddetta norma. In particolare, si specifica in modo chiaro che per trasformazione di prodotti lattiero caseari si intende anche l’attività di trasformazione dei prodotti agricoli in prodotti non agricoli, come per esempio avviene con il gelato”.
È un emendamento che va a chiarire le difficoltà legislative legate alla produzione di alcuni prodotti non considerati agricoli ma, necessari per completare il ciclo nell’ambito della commercializzazione della filiera lattiero-casearia. Dare redditività alle aziende agricole, a chi produce, a chi trasforma e a chi commercializza non solo è l’obiettivo principale ma, anche, l’iter necessario per poter resistere, produrre localmente e salvaguardare l’ambiente.
L’attività agricola In Friuli-Venezia Giulia ha costi molti elevati che sono influenzati sia da problematiche legate al mantenimento del territorio che presenta aspetti geografici estremamente eterogenei (per poter fare agricoltura in montagna è impossibile avere prezzi competitivi a causa delle difficoltà che la tipologia dei terreni impongono), sia dall’elevato costo del lavoro, dell’energia e delle materie prime rispetto a paesi a noi confinanti come la Slovenia e la Croazia. Questa prossimità nelle logiche del libero mercato ha determinato una diminuzione del prezzo del latte mantenuto più basso del dovuto rispetto alle altre regioni italiane, con conseguenti sacrifici da parte dei produttori. Per questo motivo la Regione ha deciso di investire più risorse nel comparto.
“Al fine di contrastare le criticità del settore lattiero-caseario – spiega Alberto Budai – la Regione, attraverso la LR 6/2019, concede contributi alle imprese che producono, trasformano e commercializzano prodotti agricoli del settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari”.
I contributi in conto capitale sono concessi fino all’intensità massima dell’80 per cento della spesa ed erogati in via anticipata, previa richiesta, secondo i criteri e le modalità di cui all’ articolo 39, comma 2, della legge regionale 20 marzo 2000, n. 7 (Testo unico delle norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso).
La messa in atto di queste disposizioni, in Friuli-Venezia Giulia, rientra in un concetto eticamente più ampio, quello del ritorno ad un’agricoltura sociale il cui aspetto, in questo momento preponderante, ha reso necessaria una proposta di legge che appoggia vari progetti di trasformazione dell’ambito agricolo come l’apertura di Agri-nido già presenti in Veneto.
La cessazione di queste attività, spiega il consigliere, porterebbe alla perdita del presidio territoriale, di fondamentale importanza da un punto di vista economico, sociale e ambientale.
Ad oggi con la chiusura di molti esercizi nella maggior parte dei piccoli Comuni, dove la mancanza di socialità è quasi totale, la sopravvivenza di queste realtà produttive autoctone è quella che tutt’ora mantiene viva lo stato occupazionale e tradizionale del luogo, fonte indispensabile per la salvaguardia ed il mantenimento del territorio che ne impedisce la desertificazione.
Come afferma il consigliere, a dispetto di chi è convinto che abbandonare un’attività agricola aiuti il risveglio della natura, se non hai agricoltura avrai “l’orizzonte dei rovi”. Trascurando un territorio, lì dove è intervenuta l’azione dell’uomo che si è preso cura anche dell’ambiente circostante, l’area si trasformerà in una distesa di rovi che porterà inevitabilmente ad un degrado. Fermo restando che il discorso è rivolto ad un tipo di agricoltura locale e non di tipo estensivo.
Questa proposta della filiera lattiero-caseario non è sicuramente l’unica soluzione per aiutare le economie locali ma è un incentivo per dare continuità al territorio, creare sinergie tra queste attività e la vita comunitaria mantenendo un’alta qualità dei nostri prodotti.
Attualmente esistono una settantina di mini-caseifici, 5 filiere lattiero-casearie, grosse latterie cooperative, latterie sociali medio grandi e latterie turnarie la cui tradizione un tempo era diffusa in tutto il Friuli.
“In tal modo si dà un effettivo supporto alle piccole e medie realtà agricole, che possono implementare le occasioni di redditività, mantenere le produzioni sul nostro territorio e garantire maggiore varietà dei prodotti tipici della filiera regionale” conclude la nota di Alberto Budai.
[l.f]