10.02.2021 – 16.22 – L’ipotesi di un prolungamento dell’anno scolastico all’intero mese di giugno da parte del nuovo premier Mario Draghi ha fatto discutere anche in Friuli Venezia Giulia. Tra studenti, professori e presidi non mancano tanto le aperture, quanto le perplessità; sebbene, allo stadio attuale, questa rimanga solo un’ipotesi. In tempi pre pandemia la fine dell’anno scolastico è prevista per il 10 giugno, con l’eccezione delle scuole dell’infanzia dove termina il 30 giugno.
L’assessore regionale all’istruzione, Alessia Rosolen, si è dichiarata aperta a ogni proposta, a patto che passi attraverso un dialogo con i sindacati della scuola e i successivi decreti e deroghe da fornire alle Regioni sui calendari.
Il sindacato nazionale dei dirigenti scolastici, secondo Tgr Fvg, si è dichiarato favorevole: si tratterebbe di un modo per recuperare le giornate di scuola perse (chi ha dimenticato le prime settimane, se non mesi di lockdown prima della DaD?) e le opportunità formative smarrite con le modalità online.
Parere invece negativo da parte di alcuni dirigenti scolastici. Vi sarebbero infatti forti difficoltà per aggiornare (di nuovo) l’orario e la programmazione; occorrerebbe inoltre ingaggiare nuovi professori e stravolgere quanto è sopravvissuto della programmazione dell’anno scolastico 2020-2021.
Friuli Oggi riporta l’opinione della sindacalista Tina Cupani, segretaria regionale Cisl scuola Fvg, secondo cui “Io a Draghi non ho sentito dire una cosa del genere, e bisogna anche capire se una simile affermazione vada inserita in un discorso più ampio e articolato, come immagino. A noi crea disagio dire che la didattica a distanza non basti e che si prolunghi il calendario perché i ragazzi avrebbero perso giorni di scuola. La Dad o è scuola, o non lo è. Non esistono vie di mezzo”.
Come rilevato anche dalle interviste dei mass media agli studenti, c’è in effetti un sottinteso, nell’affermazione di Draghi: ovvero che la didattica a distanza non fosse un reale insegnamento. Un sottinteso che vanifica quasi due anni di sforzi da parte del mondo scolastico, obbligato a re-inventare le metodologie scolastiche a distanza di pochi mesi. Occorre inoltre riflettere se le due settimane di prolungamento, nel caso di giugno, sarebbero realmente efficaci; basterebbero davvero a integrare quanto perso in un anno e mezzo di didattica a distanza? E dove andrebbero inseriti, in questo contesto, i corsi di recupero per chi è stato bocciato in una materia? Un’ipotesi quella di Draghi, insomma, che offre più domande che risposte.
[i.v.]