#IoApro1501: iniziativa inutile, anzi dannosa visto il perdurare dell’epidemia, e al di fuori della legge? Non è l’opinione dei ristoratori che hanno sfidato, e continuano a sfidare, le ultime disposizioni del Governo in materia di chiusure preventive anti-Covid, in particolare di fronte al verbale numero 118 del CTS: l’ormai ben noto, e per alcuni famigerato, Comitato Tecnico Scientifico, al quale il Governo stesso si rimette di volta in volta per le valutazioni. Nel verbale datato 17 ottobre 2020 del CTS, la richiesta di chiusura di bar e ristoranti, infatti, non c’è: il Comitato richiama la necessità di un “rigoroso rispetto e controllo delle misure già più volte indicate”, citando il distanziamento e la prevenzione degli assembramenti, ma non chiede di far abbassare le serrande. E allora se non c’è motivazione scientifica, perché chiudere? In particolare se le cose, più durano le restrizioni, più vanno a rotoli. Chi sfida i divieti rischia però una sanzione da 400 a 3000 euro, alla quale si può aggiungere anche l’obbligo di chiusura temporanea per i locali stessi; ci sono dei potenziali risvolti penali, fino all’arresto. La primavera scorsa, l’incriminabilità penale era però durata molto poco, e i deferimenti di oltre 115mila fra persone e attività erano rapidamente e silenziosamente evaporati trasformandosi in sanzioni amministrative. Il ristoratore che ha scelto di aderire alla protesta, fin che non viene fatta chiarezza, può però ritrovarsi da solo.
Ecco quindi che un collegio difensivo di avvocati, in tutta Italia, si mette a disposizione, gratuitamente, in supporto dei ristoratori di #IoApro e di chi scelto di tenere aperti i locali oltre le restrizioni d’orario imposte dai decreti del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e dalle ordinanze dei governatori delle regioni. “L’assistenza”, così gli avvocati, “viene prestata a sostegno di chi dopo una vita di lavoro duro e onesto si sente ‘criminalizzato’ e vede messa in crisi la sua attività nel tempo presente e futuro. La gravità della posizione è amplificata dalla precarietà della posizione dei dipendenti che, al pari dei ristoratori, subiscono sulla propria pelle le difficoltà economiche, con grave incertezza per il loro futuro”. Gli avvocati hanno scelto di mettersi a disposizione del pubblico, in tutte le regioni italiane, attraverso indirizzi email Google, raggiungibili da tutti (per il Friuli Venezia Giulia, [email protected]), raccomandando di essere veloci e di inviare le scansioni dei verbali di accertamento eventualmente seguiti alla contestazione di una apertura non consentita entro tre giorni. L’avvocato Guendal Cecovini Amigoni, referente per il Friuli Venezia Giulia, commenta: “È un’iniziativa dell’avvocatura che, a titolo gratuito, si mette al fianco e al servizio delle attività produttive ed economiche messe in grave difficoltà dalla crisi in corso. L’assistenza è rivolta ai ristoratori che hanno scelto questa forma di protesta, naturalmente nel rispetto di tutte le prescrizioni sanitarie del Comitato Tecnico Scientifico”. Fra chi spontaneamente ha aderito al “sì, io apro”, e i contrari che sottolineano la gravità della decisione di ignorare i Dpcm pur se non c’è evidenza scientifica di rischio, battaglia in vista nelle aule dei tribunali.
[f.f.]